Rising of hope

una storia in collaborazione con Jenice Phantomhive

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    Capitolo 1

    Avevo ancora quell'immagine davanti agli occhi. Sangue. Molto sangue. Forse troppo. Due persone stese a terra in una posizione quasi innaturale. Un paio di occhi spenti che guardavano dalla mia parte mentre il mio corpo era come paralizzato.
    "Corri".
    Era poco più di un sussurro ma tanto mi era bastato per muovere le gambe. Lo scenario intorno a me stava cambiando. Anzi, ponendo più attenzione io non mi trovavo in un luogo, non ero da nessuna parte. Tutto ciò che mi circondava era la sola oscurità. Eppure io continuavo a correre. Correvo verso una strana luce, ma non riuscivo mai a raggiungerla.
    Qualcosa era cambiato di nuovo. Ora mi stavo osservando. Mi vedevo sola, a terra, con i vestiti sporchi di fango e gli occhi privi di alcuna emozione. Mi vedevo mentre rivolgevo lo sguardo a due figure e dicevo
    "Vi prego...uccidetemi"

    Mi svegliai di soprassalto respirando affannosamente. Ero in un bagno di sudore, probabilmente era dovuto al mio sogno, o meglio al mio incubo.
    Mi voltai verso la mia sveglia e noto che erano le 4:30 di mattina.
    "Non se ne parla proprio di rimettermi a dormire" pensai, così mi alzai e iniziai a prepararmi del caffè mentre scorrevo i messaggi sul telefono.
    Nulla di interessante, come al solito. Erano solo delle proposte di lavoro. L'ennesime.
    Questa vita incominciava davvero ad annoiarmi. Sapevo perfettamente che era necessario per il nostro obiettivo, ma quando è troppo è troppo!

    Il tempo di prepararmi e di bere due tazze di caffè (perché seriamente...nessuno che si sia svegliato alle 4:30 del mattino può sopravvivere tutto il giorno senza almeno una doppia dose di caffeina) ed uscii di casa. Erano circa le 6 del mattino perciò fui un po' sorpresa quando il portiere con sguardo assonnato mi si avvicina al portone di ingresso e mi dice
    -Signorina, le hanno appena consegnato un pacco! Ah faccia attenzione, è senza mittente. Potrebbe anche essere qualcuno che la perseguita, si sentono tante storie oggi-
    -Un pacco? Ma ne è sicuro? Io non dovevo ricevere nulla-
    -Bhè mi sa che Natale per lei è in anticipo allora- mi dice consegnandomi un piccolo pacchetto per poi allontanarsi. Senza rifletterci molto lo aprii e al suo interno vidi un telefono.
    "Questo sì che è strano. Aspetta! Vuoi vedere che…" pensai mentre lo accesi.
    Sulla schermata principale comparve l'avviso che era stato ricevuto un messaggio. Erano poche parole diceva solo
    Save the Queen
    Niente da fare, non riuscii a trattenere una piccola risata. Finalmente!

    Uscii dal palazzo e mentre camminavo prenotavo un biglietto aereo. Un biglietto per il Giappone. "Pare sia il momento di cambiare lavoro, peccato!" pensai mentre osservavo il London Eye illuminato dalle prime luci del mattino "Londra iniziava a piacermi!"


    Molti mesi dopo in Giappone…
    - Di cosa stavi parlando con l'agente Jodie?- domando all'improvviso Ai alle mie spalle. Per poco non mi veniva un infarto " ma da dove diavolo è sbucata!?"
    -Allora Kudo-kun?-
    - Ah e-ehm... di nulla, voleva solo avvertirmi di fare più attenzione. L'ultima volta mi sono intromesso in un loro caso e così…- non ebbi nemmeno il tempo di finire la scusa che Ai si sedette sul divano del dottor Agasa e disse
    -Ah e così non ti bastano più i casi della polizia? Ora ti intrometti anche in quelli dell' FBI?-
    -Spiritosa...è capitato una volta, ok forse due-
    -sei davvero incorreggibile. Va bene io torno a lavorare nel laboratorio-
    Detto questo svanì. No sul serio, un attimo prima era seduta e mi prendeva in giro e il secondo dopo si era come volatilizzata. Forse è un'abilità che ha appreso mentre era nell'Organizzazione.
    Poco importa. Ho dovuto mentirle per non farla preoccupare; d'altra parte come potevo dirle che l'Organizzazione ha messo sulle sue tracce un agente di nome Bourbon?
    No, Shiho non dovrà saperlo. È per il suo bene. Io le ho fatto una promessa, che l'avrei protetta. Ed ho intenzione di farlo.
    La situazione era assurda. Prima io e l'FBI scopriamo che Kir in realtà è un'infiltrata della CIA, poi dobbiamo riportarla all'interno dell'Organizzazione e per farlo abbiamo dovuto sacrificare Akai. O meglio non è che lo abbiamo fatto uccidere per davvero, ma questo lo sappiamo solo io e lui, per il resto del mondo lui è morto. E ora Ai è braccata da Bourbon. Ho paura che prima o poi la situazione mi sfuggirà di mano.
    Invece di ottenere risposta, ho solo molte più domande.



    Nel frattempo da qualche parte a Tokyo una ragazza di poco più di vent'anni camminava tranquillamente per le strade della città. NEra alta e aveva degli occhiali scuri che le coprivano gli occhi. Sembrava una ragazza qualunque, e in effetti doveva sembrarlo, dopotutto non poteva certo mettere a rischio la missione. No, gli altri contavano su di lei. Non poteva deluderli. Perciò se per portare al termine il suo obiettivo doveva sembrare normale, allora lo sarebbe stata. Se invece doveva mentire e uccidere, lo avrebbe fatto. Era disposta a essere una criminale. Però si sa...l'apparenza inganna



    Salve meravigliosa gente del forum! Oggi io e Jenice abbiamo deciso di iniziare una nuova storia insieme e speriamo davvero che la nostra idea vi piaccia.

    Spero davvero di riuscire a portare a termine questa storia e di non lasciarla incompleta come Verità dal passato :lool:
    Bene detto questo ci si rivide per il prossimo capitolo :smile:

    Edited by detective Izabel11 - 31/7/2018, 21:14
     
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  2. Jenice Phantomhive
     
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    Capitolo 2



    C'erano due cadaveri davanti a lei. Un uomo e una donna, lei li conosceva bene. Un mare di fiamme li circondavano. "Codarda". Le sue gambe tremavano, non era in grado di muoverle. Voleva aiutarli, salvarli, ma era impotente, piccola in un mondo enorme ed estremamente pericoloso. "Vai via di qui" le sussurò la donna ormai in fin di vita. Corse via senza voltarsi indietro lasciandosi alle spalle coloro che prima erano stati i suoi angeli. "Codarda. Sei solo una codarda."

    Si svegliò urlando, si strinse il petto con le mani come se fosse stata appena trafitta per poi accorgersi che aveva solo sognato. Era stato tutto un incubo. Anzi, un ricordo. Un ricordo che non voleva lasciarla andare, non riusciva a dimenticarlo e la tormentava. L'orologio indicava le 07:20. Orario perfetto per alzarzi. Si alzò e andò a farsi una doccia per lavare via lo stress che le aveva portato quel sogno. Ormai questi incubi erano diventati sempre più frequenti.
    Una volta in cucina accese la televisione per dare un'occhiata al notiziario per vedere cosa stesse succedendo di interessante nel mondo.
    Assolutamente nulla. Nulla la toccava nel mondo tranquillo che si era creata.
    Dopo pochi minuti spense il notiziario e decise di uscire per andare al lavoro. All'entrata incontrò un signore paffuto. Dalla divisa sembrava essere il postino. - Salve, lei è la signora Reed?-. La ragazza annuì stranita mentre il postino le dava il pacchetto. Non aspettava pacchi da nessuno ed era da molto che non aveva fatto aquisti online. Ringraziato il postino si avviò al lavoro. Impaziente aprì il pacchetto trovandovi dentro un cellulare. Lo accese e davanti ai suoi occhi comparve una scritta di poche parole:
    Save the Queen

    Sospirò. Quindi era giunto il momento. Non si sentiva ancora del tutto pronta, ma doveva mantenere la promessa che aveva fatto. Diede le dimissioni al lavoro quel giorno stesso nonostante l'avessero assunta da poco e comprò un biglietto di sola andata per Tokyo. Non sapeva se sarebbe mai riuscita a tornare in America.



    "Ormai tutti avrebbero dovuto ricevere il mio regalo" pensò un ragazzo dai capelli castani. "Forse sarebbe meglio iniziare a fare le valigie".
    Era arrivato anche per lui il tempo di partire. Si guardò in giro osservando quel posto che per anni era stata la sua casa. Era un piccolo appartamentino e tutta quella confusione di computer, tastiere, cavi, casse etc. sembrava renderlo ancora più piccolo.
    Il ragazzo sospirò. Portare tutta quella roba a Tokyo sarebbe stata una vera impresa. Il viaggio non sarebbe dovuto essere troppo lungo ma sarebbe stato comunque difficile traslocare. Insomma quelle apparecchiature pesavano! Però non aveva il tempo per abbattersi, doveva partire! Era stato proprio lui a decidere che era arrivato il momento di agire. Perciò si avvicinò al suo computer e lo spense. Rimase solo alcuni secondi ad osservare il suo riflesso sullo schermo nero e pensò "Forza! Andiamo a salvare la regina"



    Angolo autrice

    Salve a tutttiii!!!! :xd: :xd: :xd: Io sono la seconda autrice della storia, Jenice Phantomhive :ciao: Piacere di conoscervi. Per me è la prima volta che pubblico una fanfic su questo forum ed era da tanto che non ne scrivevo una, quindi sono felicissima che Izabel mi abbia proposto di scriverne una insieme :heart: :heart: :heart: :heart: . Ho avuto per un bel po' in mente il progetto per questa storia e lei mi aiuterà a scriverla e a svilupparla. Spero che vi piaccia e ci vediamo al prossimo capitolo :smile:
     
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  3. Jenice Phantomhive
     
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    Capitolo 3

    Erano passati quasi tre anni da quando Dai Moroboshi si era unito all’Organizzazione e finalmente era riuscito ad organizzare un incontro con uno dei membri più alti dell’organizzazione, Gin. Per tre anni aveva stretto una relazione sentimentale con la sorella di uno dei membri più importanti dell’organizzazione che l’aveva aiutato a non destare troppi sospetti.
    Era stato molto difficile accostarsi a lei. In quanto membro dell'Organizzazione su di lei non vi erano molte informazioni e la giovane di per sé era un tipo piuttosto riservato. Moroboshi aveva passato mesi ad osservarla e a raccogliere informazioni e fin da subito si era accorto che in fondo era una persona gentile, un pesce fuor d’acqua all’interno di un’organizzazione così pericolosa. Perciò aveva deciso che il modo migliore per avvicinarsi senza destare troppi sospetti e senza far ricadere sospetti anche sulla ragazza era inscenare un incidente, un incontro casuale. Certo il piano gli era costato un periodo in ospedale, ma gli aveva anche consentito di conoscerla e di avvicinarsi ancora di più all'Organizzazione.

    Aveva già comunicato ai suoi compagni del FBI la data e il luogo del suo incontro con Gin cosicché si sarebbero fatti trovare lì pronti ad arrestarlo, ma un singolo errore avrebbe mandato all’aria il suo piano e la sua copertura. – A cosa stai pensando, Dai-kun? – una dolce voce lo portò via dai suoi pensieri irrequieti. Akemi Miyano, la sua ragazza, era lì accanto a lui a fissarlo con un’aria preoccupata. Lui le sorrise mettendosi una sigaretta tra le labbra e prendendo il suo accendino. Non poteva negare che provava una forte attrazione verso di lei e spesso si era chiesto cosa le sarebbe potuto capitare nel caso in cui sarebbe stato scoperto oppure se si sarebbe fidata di lui una volta saputo che lui era un agente del FBI. Probabilmente si sarebbe sentita usata e tradita e lo avrebbe odiato a vita. – Nulla, sono solo stanco. Ultimamente non dormo molto -. La solita scusa. Un’altra bugia. Akemi ne aveva sentite tantissime come quelle e aveva imparato a capire quali delle cose che Dai diceva erano vere. Non era stupida e non poteva negare di aver capito le sue vere intenzioni. Per tre anni era stata accanto a lui come sua fidanzata, e lei lo amava davvero, ma lui provava lo stesso sentimento o quella relazione non avrebbe mai avuto un futuro.





    - Mi scusi, signor Choi, c'è un paziente che ha chiesto di lei - disse un’infermiera al dottor Choi. Hyon-su Choi era uno dei migliori dottori del reparto di chirurgia e molti credevano che se fosse rimasto in quell'ospedale per altri anni sarebbe diventato primario ad una giovanissima età. Era di origini coreane, ma da quello che aveva detto di sé era cresciuto in America e aveva frequentato l’Università di Tokyo prima di venire assunto all’Ospedale Beika - Va bene finisco con questo paziente e arrivo. Dici all'altro paziente di aspettare nella sala d'attesa - rispose lui gentilmente ringraziando l'infermiera.

    Una volta finita la visita si diresse in sala d’attesa dove subito una ragazza gli si avvicinò. Era molto bella. I suoi capelli biondi e lunghi le incorniciavano il viso. Il suo sguardo aveva qualcosa di magnetico perché non appena lo incrociavi era difficile sfuggire a quegli occhi azzurri come il cielo. Hyon-su però in quella donna meravigliosa aveva notato qualcosa di strano, forse era quel sorrisetto furbo che le era apparso sul volto.
    Senza indugiare troppo le si avvicinò. La ragazza cominciò palesemente a fingere un dolore mantenendosi lo stomaco - Dottore mi fa male la pancia... potrebbe aiutarmi? -. Il ragazzo la guardò scettico, non aveva tempo da perdere, ma non poteva essere maleducato con una paziente, altrimenti si sarebbe giocato la sua immagine all’interno dell’ospedale. Nonostante gli sembrasse uno scherzo di cattivo gusto decise di assecondarla e la portò con sé in una delle stanze dell’ospedale. Ma come mai quella paziente aveva chiesto proprio di lui? Stava per cominciare a visitarla quando lei disse - Vedo che proprio non ti ricordi di me, però dovresti saperlo anche tu che il piano è iniziato, Seoul. -. Sentendo quelle parole l’uomo si girò per guardarla meglio e finalmente la riconobbe. -April, sei tu? -. La ragazza non rispose e si limitò a sorridere. Prese dalla sua borsa l'apparecchio telefonico che aveva ricevuto qualche giorno prima e che l'aveva spinta a correre a Tokyo. -Salviamo la regina. Perché a Daniel gli vengono sempre in mente i nomi in codice più strani? -. Seoul chiuse a chiave la porta del suo studio e April si accomodò su una delle sedie. – Lo sai che è fissato con gli scacchi, no? – affermò Seoul leggermente distaccato – ed in effetti, lei era proprio la nostra regina, il nostro angelo -.

    Qualche giorno prima aveva ricevuto anche lui l’apparecchio telefonico e il messaggio di inizio del piano. Non era mai stato entusiasta per i pensieri dei suoi compagni e anche se avrebbe tanto voluto, sapeva che sarebbe stato impossibile dissuaderli dal mettere in atto i loro piani. April conosceva Seoul e sapeva bene che non era d’accordo con le loro intenzioni, ma loro avevano bisogno di lui.
    Seoul anche prese il suo cellulare che sin da quando era stato recapitato nel suo ufficio era rimasto chiuso sigillato in uno dei cassetti della sua scrivania.
    - A cosa serve secondo te? - chiese un po' smarrito - Ho provato ad accenderlo, ma l'unica cosa che si può usare è questa chat room- spiegò Seoul ricordando i vari tentativi di trovare un'altra applicazione funzionante nel telefono. - Anche io ho dato un’occhiata e credo che la sua unica funzione sia proprio questa chat room. Credo che Daniel l’abbia creata in modo che solo noi possiamo accederci -.
    Proprio in quel momento una scritta apparve sullo schermo dei due apparecchi
    Thot è entrato nella chat

    Angolo autrice

    Salve a tutti!!!! Eccoci al terzo capitolo della storia. Presto pubblicheremo anche il quarto e finalmente ci immergeremo completamente nel mondo di Detective Conan. Spero che la storia vi stia piacendo :thumb1: :thumb1: Al prossimo capitolo!! :ciao:

    Edited by Jenice Phantomhive - 10/8/2018, 16:35
     
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  4. Jenice Phantomhive
     
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    CAPITOLO 4

    Thot è entrato nella chat
    Thot : Vedo finalmente che qualcuno ha deciso di entrare nella nostra privatissima chat
    Dhapanati : E tu chi saresti ??
    Dhapanati : E si può sapere perchè mi chiamo Dhapanati?!
    Thot : Perchè sei la fonte della nostra ricchezza (-‿◦)
    Dhapanati : ಠ_ಠ
    Dian Checht : Mi spiegate cosa sta succedendo ???
    Dian Checht : Davvero mi hai dato il nome di una divinità?!
    Thot : Su questa chat useremo tutti nomi falsi. E non ditemi che devo anche spiegarvi il perchè
    Maat è entrato nella chat
    Loki è entrato nella chat

    Loki : Ehilà
    Maat : Che sta succedendo ? Thot? Dhapanati ? Dian Checht ?
    Loki : Questa può essere opera di una sola persona
    Thot : Eh già ಠ‿↼, ma non pensare neanche di scrivere il mio vero nome qui sopra.
    Thot : Visto che siete lenti a capire...
    Thot : Su questa chat sarà assolutamente vietato scrivere i nostri veri nomi. Una volta arrivati sul territorio nemico agiremo per lo più individualmente e comunicheremo tra noi attraverso questa chat. Nessuno sarà mai in grado di eludere il mio sistema di sicurezza, ma potrebbe succedere che qualcuno di noi venga rapito o gli venga sottratto il cellulare e legga le nostre conversazioni. Se utilizzassimo qui i nostri veri nomi per il nemico sarà più facile trovarci. Inoltre alcuni giorni vi chiederò di farmi un rapporto della giornata in modo che Maat e io avremo sempre chiara la situazione in cui ci troveremo
    Dhapanati : Quindi abbiamo delle divinità che ci rappresentano ? XD
    Thot : Esatto. Dhapanati è la dea della ricchezza, quindi da questo punto di vista contiamo su di te (^ω^)
    Thot : Visto che siete tutti qui ne approfitto per comunicarvi che ho trovato il nostro obbiettivo



    Pochi anni dopo in Giappone
    "L'Organizzazione è da un bel po' che non fa sentire sue notizie" pensò April mentre girava annoiata i canali della TV. Erano passati quasi tre anni da quando la sua squadra si era trasferita in Giappone per dare la caccia agli uomini in nero, ma la situazione era piuttosto monotona. Non che fosse un male, ma April si era aspettata qualche scontro diretto con l'Organizzazione e invece per tre anni non era successo nulla. Del piano iniziale era stato compiuto solo il primo passo. Solo una delle due sorelle Miyano era con il loro gruppo al sicuro. Quella mattina appena sveglia April aveva controllato varie volte sul cellulare aspettando che qualcuno scrivesse sulla loro chat, ma nessuno si era fatto sentire da giorni.
    Anche in quel momento sentì il bisogno di prendere il cellulare e controllare ancora una volta la chat. Vuota. Gli ultimi messaggi risalivano a una settimana prima quando Daniel aveva chiesto a Izabel di fare rapporto, ma al messaggio non era arrivata alcuna risposta. Daniel aveva detto agli altri di non preoccuparsi perché era riuscito a mettersi in contatto con Izabel e che lei stava bene, nonostante questo, April era preoccupata. Rimanere infiltrata tra le file dell'Organizzazione non era un'impresa facile. Soprattutto farsi passare le informazioni era diventato sempre più complicato. Il suo obbiettivo era di arrivare in alto in modo da potersi avvicinare a Gin. l'uomo che le aveva descritto Akemi.

    Da quando erano arrivati in Giappone tutti quanti erano riusciti a trovare un lavoro stabile per vivere. Daniel lavorava come informatico per diverse compagnie a Tokyo, Hyon stava continuando a lavorare nell'ospedale di Beika e Jeanne era stata assunta nel dipartimento di polizia di Aichi. Aprile e Jeanne vivevano insieme a Nagoya, ma stavano aspettando il momento più opportuno per trasferirsi a Tokyo dove vivevano tutti gli altri membri del gruppo

    La sua attenzione passò all'anello che portava alla sua mano. Un piccolo anellino dorato con sopra il simbolo del Bell Tree Express. Aveva acquistato due pass per quel treno in modo da poterci andare con Jeanne. Sapeva che la particolarità del treno era il finto omicidio che si svolgeva sul treno trasformando tutti i passeggeri in detective che avevano il compito di risolvere il mistero. Jeanne di solito adorava partecipare a questo tipo di eventi, ma alla fine aveva dovuto rinunciare per il lavoro.
    In quel momento April stava rimuginando sul pensiero di andare tutta sola oppure rimanere a casa a guardare un film. Alla fine vinse la sua metà curiosa che voleva partecipare al gioco, e decise anche che non sarebbe andata da sola. Aveva già trovato una nuova compagnia.
    Dopo tre ore April era alla stazione di Tokyo da dove sarebbe partito il Bell Tree. Mentre si dirigeva al binario da cui sarebbe partito il «treno dei misteri» sentì una voce che la chiamava. Una ragazza con i capelli biondi corti, alta e bellissima si stava avvicinando a lei. Non aveva mai visto quella ragazza prima di allora, ma capì subito chi era. - Hai cambiato di nuovo travestimento, Akemi Miyano-san ?- le bisbigliò nell'orecchio mentre la abbracciava per salutarla.

    Non molto lontano c'era un gruppo di cinque bambini che si avvicinavano entusiasti al treno. Dietro di loro due ragazze e un uomo più anziano li seguivano. Il gruppetto dei bambini sembrava molto vivace e April osservandoli e ascoltando la loro conversazione non poté fare a meno di sorridere. Quel gruppo di bambini che sorridevano insieme spensierati le ricordavano i giorni che aveva passato in America insieme agli altri membri della sua squadra.
    Erano stati salvati tutti e cinque da un angelo quando erano piccoli e quella persona aveva continuato a proteggerli e a crescerli fino al giorno in cui un demone non aveva rubato la sua vita, e tutta la loro spensieratezza. In quel momento quei cinque bambini erano diventati adulti desiderosi di vendetta.

    Akemi notò subito lo sguardo malinconico del viso della ragazza, senza chiedere nulla si voltò nella stessa direzione verso cui stava guardando lei, un gruppetto di bambini che discutevano a pochi metri da loro due. Sbarrò gli occhi non appena vide che tra di loro vi era una bambina che somigliava incredibilmente a sua sorella. Non solo le somigliava, ma era uguale a lei. Da quando era stata salvata da Aprile e Jeanne, Akemi aveva cercato di mettersi in contatto con sua sorella Shiho, tuttavia senza successo. All'inizio aveva cominciato a perdere le speranze e a credere che sua sorella fosse stata uccisa dagli uomini in nero. Aveva recuperato le sue speranze quando Jeanne gli aveva raccontato che una sua amica era infiltrata nell'organizzazione e le aveva detto che sua sorella era riuscita a scappare e nemmeno l'organizzazione aveva la minima idea di dove si stava nascondendo. Da allora avevano provato a dedurre dove si stesse nascondendo Shiho, e credevano che la ragazza fosse in qualche modo riuscita ad abbandonare Tokyo e a rifugiarsi lontano dall'organizzazione.
    Non appena vide quella bambina Akemi fu invasa dalla gioia. La sua parte razionale le stava urlando che era impossibile che quella fosse sua sorella, ma in quel momento Akemi stava già cercando di escogitare un piano per avvicinarsi alla bambina e parlarle. A riportarla alla realtà fu il personale del treno che invita i passeggeri a salire sul treno poiché mancavano meno di dieci minuti alla partenza.

    April prese il braccio di Akemi trascinandola verso la carrozza 6 dove si trovava la loro camera. Akemi continuò a tenere il suo sguardo fisso sulla bambina. Vide che anche i bambini seguiti da un anziano signore entravano nella carrozza 6. Mentre aspettava di salire sulla carrozza li vide entrare nella camera D. - April, noi in quale camera siamo ? - chiese all'amica. - Nella A della carrozza 6. Come mai vuoi saperlo ?-. Akemi gioì nel sentire la risposta e invitò April ad affrettarsi mentre saliva sul treno.

    Una volta sistematesi nella loro cabina Akemi raccontò quello che aveva visto all'amica. April non riusciva a credere ai pensieri della ragazza e cercava di farle aprire gli occhi in modo da non illuderla troppo, ma ormai Akemi era convinta che la bambina che aveva visto era sua sorella Shiho e voleva togliersi il travestimento per avvicinarsi a lei e vedere se l'avrebbe riconosciuta. April riuscì a distoglierla dall'idea dicendo che era troppo pericoloso e che avrebbero potuto trovare un altro modo per avvicinarsi. - Per ora vado a prendere qualcosa da bere al ristorante e penserò io a un piano, tu resta qui e... - proprio mentre stava uscendo April vide passare davanti a se un uomo completamente vestito di nero. Akemi lo riconobbe subito, sussultò vedendolo passare, ma non osò muovere un muscolo. Dai Moroboshi, o Akai Shuichi, uno degli uomini che lei aveva amato di più in tutta la sua vita, era appena passato davanti ai suoi occhi e l'unica cosa che lei riusciva a percepire era «paura». Le gambe le tremavano, il suo sguardo era fisso sul pavimento della cabina e si era coperta la bocca con la sua mano per evitare che qualsiasi balbettio della sua voce giungesse all'orecchio di quell'impostore.

    April si chiuse la porta della cabina alle sue spalle cercando di mantenere un'aria calma nonostante quello che aveva appena visto. Non era la prima volta che vedeva quel travestimento e da quello che le aveva detto Daniel, molto probabilmente era uno degli uomini in nero che voleva assicurarsi che Akai Shuichi fosse morto per davvero. E allora perchè si trovava su quel treno ? Non c'erano agenti del FBI, o almeno April non ne aveva visto nessuno. La presenza di quell'uomo però, a bordo del treno poteva significare solo che gli uomini in nero avevano intenzione di fare qualcosa su quel treno, altrimenti non avrebbero mai mandato uno dei loro a bordo.

    - Ai, che c'è ? - Mentre mille interrogativi si facevano strada nella mente della ragazza, la voce di una bambina la riportò alla realtà. Si voltò nella direzione da cui proveniva la voce e vide due bambine che stavano parlando nel corridoio.
    Aveva visto molte foto della sorella di Akemi. Foto che la stessa Akemi aveva conservato e nascosto per tantissimo tempo e c'erano alcune foto che ritraevano sua sorella da piccola. Lei aveva passato ore ad osservarle in modo da memorizzare bene i tratti del viso della ragazza e riconoscerla subito nel caso l'avesse vista e poteva dire con certezza che quella bambina era senza alcun dubbio la sorella di Akemi.
     
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