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Comincio dicendo che tutti i film dello Studio Ghibli – opere minori incluse – sono bellissimi (da fan dello Studio Ghibli non potevo esimermi dal commentare questa discussione), tuttavia, se dovessi proprio sceglierne uno, direi che il mio preferito è “La Tomba delle Lucciole” di Isao Takahata.
Lo studio Ghibli è diventato famoso grazie a Miyazaki e, in particolare, grazie a “La Città Incantata” che vinse l’Oscar e garantì a lui e allo Studio una notorietà a livello internazionale. Nonostante sia un’opera stupenda, come del resto tutte le altre di Miyazaki (tra cui Porco Rosso e il Castello Errante i Howl, per citarne altre due delle mie preferite), ho deciso – in maniera veramente combattuta! – di scegliere un film, dell’altro fondatore dello Studio Ghibli.
Tra il grande pubblico Isao Takahata è sicuramente meno conosciuto di Miyazaki. Però, le sue opere secondo me non hanno nulla da invidiare a quelle del primo. Per quanto abbia delle tematiche in comune con Miyazaki (quella ambientalista prima tra tutte), il suo stile, nei contenuti, è all’opposto: l’atmosfera onirica – e incantata, appunto 😊 – di Miyazaki è in netto contrasto con il realismo, a tratti crudo, di Takahata. E l’opera emblematica che più rappresenta questo realismo e la poetica in generale di questo autore è sicuramente “La Tomba delle Lucciole”.
Ora, non faccio commenti sul doppiaggio italiano che tutto sommato in questo film è accettabile (soprattutto se si pensa ad altri adattamenti dello stessa persona) e vado direttamente al perché della mia scelta.
Ho visto questo film due volte: la prima, una sera a casa, senza sapere cosa esattamente aspettarmi. O meglio, sapevo che una “La Tomba delle Lucciole” era considerata l’opera maggiore di Takahata e avevo letto brevemente la trama, ma nulla di più.
Mi colpirono la storia, il legame tra i protagonisti, la loro dignità; gli eventi sono tragici, destinati a tracollare in una spirale negativa senza possibilità di riscatto, per nessuno. È una storia triste, ma reale, evidentemente in opposizione allo stile Miyazaki, i cui protagonisti sono più soliti vivere un percorso di crescita – in genere, dall’infanzia all’età adulta –. Quella di Takahata è un’opera neorealista nella forma di un film d’animazione: una combinazione insolita, ma secondo me di grande impatto e molto riuscita. Non mi vengono in mente altri film d’animazione confrontabili con questo.
Ho visto il film una seconda volta al cinema, in occasione di una retrospettiva di Takahata (proseguì per una settimana e proiettarono tutti i suoi film, anche quelli pre-Ghibli, ma purtroppo erano tutti in orario lavorativo 😒 e li ho persi praticamente tutti). Ovviamente quando si guarda un film al cinema è tutta un’altra cosa 😊 e ho potuto di apprezzarlo ancora di più cogliendo nuove sfumature che sicuramente mi erano sfuggite durante la prima visione.
Anche se un po' velocemente spero di aver reso omaggio al film e concludo dicendo che un’altra opera di Takahata veramente degna di nota e purtroppo un poco sottovalutata secondo me è “La Storia della Principessa Splendente”.
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