Votazioni Contest di Scrittura #1
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Votazioni Contest di Scrittura #1

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    DETECTIVE CONAN


    Ecco a voi le one shot scritte sull'argomento "Detective Conan" dai nostri utenti.
    Per ovvie ragione vi è richiesto di votare la storia che più trovate ben costruita letteralmente, quella che coinvolge di più e che segue un filo logico, cercando il più possibile di essere imparziali.
    Siete pregati di non votare a partito preso perché si parla di un Ai X Conan, Ran X Shin, Gin X Vermouth, ecc. Conto sul vostro buon senso.
    Per votare bisogna leggere tutte le FanFiction in gara, quindi se avete intenzione di non farlo, astenetevi dal votare.
    Un buon consiglio che vi posso dare è di leggerle una per volta e appena ne finite una scrivete su un foglio il voto che gli dareste, da uno a dieci; così a fine letture avrete un idea di quella che vi piace di più.

    Come al solito, per questioni di imparzialità, verranno messe le fanfiction in anonimato, contrassegnate solo da un numero per poterle identificare. Votate dopo aver letto tutto e ricordate che:

    - bisogna confermare il voto con un post o non sarà considerato valido
    - tutti possono votare: staff, admin, sostenitori
    - per ovvi motivi di tempo, le votazioni dureranno 15 giorni, quindi termineranno il 30 aprile 2014

    Detto ciò, ecco i lavori e divertitevi a leggerli.

    Lavoro 1#

    Angeli e diavoli



    La fine non è la fine, ma soltanto un nuovo inizio.
    Noi siamo sempre noi ma in una forma diversa.
    L'amore è ancora l'amore nonostante la morte.

    Mentre mi sedevo sulla poltrona di velluto che tanto avevo sognato di vedere dopo un estenuante giorno di lavoro ho trovato un biglietto posato sul tavolino di legno che mi trovavo difronte. Sul biglietto c'erano vari pensieri, tutti rivolti a Shino.
    A matita erano state scritte queste parole:

    Per abbracciare il Cielo mi ha lasciato in un freddo giorno d'inverno.
    Per unirsi alla schiera degli angeli lei mi ha sussurrato "Tu aspetta".
    E intanto ancora con gelide lacrime li sento, la mano mi tendono per cogliere l'amore.



    Era oramai giunta la sera, il sole era quasi scomparso del tutto e il cielo si stava tingendo di viola, una ragazza uscì di casa, doveva correre, doveva sbrigarsi. Nella mano stringeva una pistola, la stringeva perché doveva andare da Loro, o meglio, da Lui.
    Giunse al parco di Beika decisa, doveva fargliela pagare, doveva fargliela pagare cara, lo doveva fare per Shinichi.

    "Mia cara Sherry, quanto tempo" sembrava dire il vento. No, il vento non era, il vento non aveva la voce malvagia di Gin; era Gin.
    "Gin, sono qui per fartela pagare, tu devi pagare" disse decisa la ragazza, il suo unico pensiero era quello di farla pagare a quell'essere senza cuore, l'uomo che tanto disprezzava. "Sicura? Semmai devi pagare tu, per aver lasciato l'organizzazione" sul volto dell'uomo si tinse un sorriso, ma non perché era felice, perché era malvagio, malvagio dentro e fuori. "Ho saputo dire che ora convivi con quel detective che ha assunto l'APTX4869, vero?" "Esatto, ho trovato l'antidoto dopo anni di ricerca, lo dovevo fare per Lui" nella mente di Shino riaffiorò il ricordo del giorno in cui trovò l'antidoto, ma non era quello il momento di pensare, bisognava agire. Così puntò la pistola verso Gin che a sua volta gliene puntò contro un'altra "Mia cara Sherry, cosa pensavi? Non crederti tanto furba!" l'uomo era deciso quanto Shino.
    Nelle zone si udì uno sparo, uno sparo proveniente dal parco di Beika.

    In quel momento, non troppo lontano, un giovane dai capelli corvini era seduto su una poltrona di velluto rosso e stava leggendo un libro, quando suonò il telefono: era l'Ispettore Megure.
    "Shinichi, ho brutte notizie..." iniziò l'uomo.
    Al termine della breve chiamata il giovane era scosso, si limitò ad affacciarsi alla finestra, non poteva immaginare che quel diavolo sceso in terra era stato in grado di ucciderla, battè un pugno sul davanzale e una, due, tre lacrime iniziarono a rigargli il volto.
    Shino, la sua amica, era morta, era morta in pace: era riuscita a uccidere Gin: i due si erano sparati a vicenda.
    Il ragazzo prese il cellulare e scrisse un messaggio a Jodie, la donna che aveva aiutato lui e Shino in momenti difficili, sin dal primo giorno in cui i due tornarono a essere chi erano, il messaggio diceva:

    "Today an angel has ascended to heaven and come down to earth a devil is back in hell."


    Lavoro 2#
    UNA PISTOLA , UNO SPARO.

    “Kaito Kuroba” disse una voce dietro di lui,facendolo voltare di scatto. Un uomo stava finendo di scendere le scale.
    Nel suo inappuntabile, costoso completo scuro, con tanto di anello d’oro a sigillo e lucide scarpe nere, sembrava un modello in scala ridotta del solito miliardario.
    A ogni sorriso i denti lampeggiavano nella faccia olivastra. Era completamente calvo, con la testa rotonda e occhi dalle pupille grigie che scomparivano dinanzi al bianco delle cornee .
    “Allora Kaito , perché della tua visita “ disse l’uomo
    “Andiamo , Sayle , non lo sospetti“ commento il ragazzo
    “Ovviamente … , uomini !” come allo schioccar di due dita sei uomini di robusta corporatura comparivano dal nulla , facendo rimanere Kid inespressivo .
    “Ma come , non hai paura “ disse Sayle ridendo .
    “No”.
    Alla risposta sfacciata un gigante si mise a correre contro di lui , ma il ladro reagì con la mossa più letale del karate : l’ Ushiro-geri . Il suo piede colpì l’ uomo all’addome con tale forza da non lasciargli neanche il tempo di gridare : strabuzzo gli occhi , aprì la bocca e , con la mano ancora sotto la giacca, crollo a terra.
    “Sorpresi ?” disse il ragazzo con un ghigno sulla faccia.
    “Non rimanete li impalati , sta scappando , mezzo milione a chi lo prende vivo !”
    “Mi vuole vivo ?” pensò mentre si preparava al lancio dalla finestra
    “Ma cosa diavolo … !” urlò Sayle , ma Kaito si era già buttato.
    Il palazzo era di 200 piani e lui ne era all’apice .
    “1 …. 2 …. 3 ! Ora !” ed il deltaplano si aprì ,si allontanò scendendo lentamente fino a che non vide uno scintillio da una finestra più in basso e senti uno sparo .
    Avevano provato ad ucciderlo .
    Ma se non era Sayle a volerlo morto , chi ?

    Lavoro 3#
    Love is Music

    Resto fermo tra le onde mentre penso a te,
    fuoco rosso luce e rondine,
    tra le foglie soffia un vento molto debole,
    nel frattempo un fiore sta per nascere.


    Eccomi qua, a passeggiare sulla battigia in cerca di un po' di conforto da dare al mio cuore, perché ne ha bisogno ora più che mai. Nemmeno il sole tiepido che costeggia il muretto di blocchi di pietra alla mia destra; nemmeno il limpido mare cristallino che fiancheggia da buon amico la mia cacminata senza meta; nemmeno l'azzurro cielo spoglio di nuvole, che si estendeva davanti a me, come se volesse illuminarmi il cammino, ma inutilmente, perche' niente in questo momento può acquietare l'animo mio inerme, niente...tranne lei.
    Io e Ran ci siamo resi conto che il nostro amore altro non è che l'amore tra fratello e sorella, quindi un amore indissolubile, senza piaghe e se ci sono, non procurano sentimenti come la gelosia e la cupidigia.
    Purtroppo dentro di me alberga una strana sensazione indecifrabile, per me, brillante detective, seguace di Sherlock Holmes, tant'è vero che mi identifico spesso in lui, però per quanto riguarda i sentimenti, egli li considera futili e degni delle persone ingenue. Allora è proprio qui che il filo si spezza, il fatto è che sono in crisi, il mio cuore è in crisi!

    Amore fai tesoro, di ogni tuo respiro, e difendi la bellezza del perdono.
    Ricorda che un sorriso, è il gesto più prezioso, per piacere e farsi ricordare.
    Ricorda che l'amore, a volte può far male, ma del mio tu non ti devi preoccupare, perche' non può finire, come l'acqua dentro il mare.


    Mi sono accorto troppo tardi di quanto Shiho tenesse a me e adesso accresce in me il dolore, la desolazione; mi sento perduto, mi scuoto dai miei pensieri. Sulla mia strada incontro un sassolino, lo prendo e avvicinandomi al muretto, lo scaglio con vigore in mare. Ciò mi aiuta un poco, ma veramente poco a sgombrare qualche macigno piantato nel mio corpo.
    Shiho è una ragazza chiusa, schiva, alle volte anche scontrosa, però ha i suoi lati positivi, per esempio è paziente. Io da quando ho capito tutto, non ho più il coraggio di guardarla in faccia, soprattutto negli occhi.

    Non mi capisco, perdo il controllo, faccio paura addirittura anche a me stesso.
    Ti trovo dentro, ogni ricordo, è come un pugno che fa male, male di brutto, inerme incasso, e mi convinco un’altra volta che non è finito tutto.


    Mi siedo sul muretto facendo dondolare leggermente le gambe, intanto assaporo lo zefiro che soffia piano, quasi a volermi a accarezzare i capelli, tuttavia non è in grado di comprendere il mio rammarico: infatti il calore emanato dal sole riscalda la mia schiena e insieme al vento contribuisce a creare una figura immaginaria accanto a me che, ciò mi causa maggior sofferenza; così mi stacco e proseguo la passeggiata con passo alterato rispetto a prima, affinche' riesca a scaricare la tensione che aleggia in me.
    A un certo punto sento il cellulare squillare, riconosco la breve suoneria dei messaggi. Sblocco la tastiera e sto per emettere un gemito acuto appena vedo il nome del destinatario.
    "Ciao Kudo, devo parlarti. Ti prego vieni all'aereoporto di Tokyo. Shiho" Oh mio Dio, a quanto pare quella scienziata possiede doti telepatiche... uff, ma che vado a pensare!
    Comunque se ha usato il mio cognome invece che il nome significa che mi deve parlare di qualcosa che per lei è seria e non ha niente a che vedere con l’emozioni e i sentimenti. Sì, ma così dal buco non sto cavando proprio un bel niente.
    Non so, sono turbato e questo stato d’animo non mi si conciglia per niente bene. Se ci fosse la mamma, le sì che saprebbe subito che strada indicarmi, purtroppo però non c’è, quindi devo arrangiarmi e cercare di sforzarmi per decifrare il codice del cuore, già perché in fin dei conti è un enigma pure quello, soltanto che cambia la procedura per svelarlo.
    Uhm… è come afferrare il fumo, il quale si dissolve in nuvolette di vapore per poi dissiparsi in pochi istanti.

    Sognare di volare e avere sempre il bisogno, di nuove sensazioni per cancellare un ricordo.
    E non esiste un cielo, senza stelle se resto ad occhi chiusi ed oltre, oltre le nuvole guardo.
    Eppure gioia, se penso che son vivo, anche in mezzo al casino.
    Eppure gioia, se penso che da ieri, io sono ancora in piedi.


    Nel frattempo, con passo lesto percorro la via del ritorno, strano a dirsi, ma non presto minimamente attenzione alla strada: infatti per poco non inciampo in una pietra; indemoniato, prendo e la getto in mare come la precedente.
    Arrivo alla mia auto, una Citroèn nera, regalatami generosamente dai miei genitori. Senza pensarci due volte, ci monto sopra e parto spedito.
    Curioso a dirsi, ma durante il tragitto mi sento abbastanza intorpidito. Mi sembra di galleggiare dentro qualcosa, non è acqua, no, è un vortice d'aria.

    Difficile, perdermi se so, che un tuo pensiero piccolo toccherà le corde del respiro.
    Cambiano le stagioni ma tu non, tu non cambiare.
    Aspettami lì dov'è sempre sole.


    Come un pendolare che aspetta il treno, seduto su una panchina di marmo, e quando ode in lontananza il fischio, si alza e si avvicina, lieto di sapere che la sua attesa verrà ricompensata. Ebbene, in questa metafora, falsa o vera che sia, io sono il treno, e Shiho il pendolare. Perche' senza accorgermene ho parcheggiato la macchina proprio vicino alla ringhiera dov'è appoggiata lei.
    Il suo sguardo è assolto, ma niente è cambiato: capelli ramati a caschetto che ondeggiavano impercettibilmente mossi dal vento, cauto a non sciupare quella insolita e allo stesso tempo meravigliosa, danza. Un graziosissimo vestito in pizzo blu scuro, attorniato da piccoli merletti del medesimo colore sulla gonna, mentre il corpetto è tempestato di paillet scintillanti. Calzava due stivaletti neri con il tacco; le spalle e le braccia sono semplicemente coperte da un coprispalle di cotone blu cobalto. Accanto a lei, sottostà una valigia in pelle marrone con la corta maniglia rigida.
    Ad un tratto si scuote dai suoi pensieri e posa gli occhi cerulei su di me, non sorride, è seria, anzi, un velo di tristezza occulta il trucco.
    Mi basta cercare nei suoi occhi per percepire quanto stà male, dunque ciò che deve dirmi è presagio di sventure. Non lo mai vista così affranta, mi turba questo suo lato ancora ignoto; più che altro mi rimesta il sangue nelle vene il momento in cui alza gli occhi, prima al cielo, come per ricevere un po' di conforto, poi su di me.

    Azzurro come te, come il cielo e il mare.
    E giallo come luce, rosso come le, cose che mi fai…provare.
    Per un attimo ho creduto di sognare la combinazione creata delle nostre iridi: una pianura verdeggiante che si prolunga fino alla sorgente di un fiume, che conduce all'azzurro mare. Meravigliosa natura formata da me e lei che attraversiamo il fiume con una barchetta e tutt'intorno gli animali del bosco.
    Le sue parole mi fanno ritornare bruscamente alla realtà e il mio dolce naufragare s'interrompe.
    "Shinichi, immagino che avrai già capito che sto per partire..." la sua voce è rotta, constato a malincuore la presenza del bagaglio e abbasso lo sguardo per un secondo, poi con fervore le rivolgo una domanda che mi preme sulla coscienza: "Perche' te ne vai? C'entro qualcosa io vero?" A quanto pare ho fatto colpo, me lo fa capire il suo voltare il capo dall'altra parte. Shiho, comunque vadano le cose, proverò a scardinare i sigilli che chiudono le porte della tua anima, che so essere dolce.
    "Il fatto è che adesso che l'Organizzazione è stata distrutta, vorrei andare in America per continuare gli studi" riconosco che c'è del vero in quello che afferma, ma non mi basta, me lo sento.
    "E' giusto, ma secondo me c'è altro..." calco la seconda parte della frase.
    "Davvero? Mi spiace, ma questo è quanto" sbotta lei con il suo tono gelido e autoritario, che come spesso succede, mi spiazza. M'incavolerei o la prenderei in giro, ma sarebbe peggio, perche' bene o male l'Organizzazione le ha insegnato qualcosa.

    Tu sei perfetta per me, lo sento a pelle il perché, sai trasformarti in ciò che non pensavo esistere.
    Io sono un folle testardo, innamorato di te, ma consapevole che, mia non puoi essere.


    “Scusa…” mi fa lei dopo un minuto di silenzio: “Scusami…” discosta nuovamente lo sguardo forse afflitta. Io sono troppo impacciato per ribattere, ho mille frasi in testa, mille domande ma non so quale tirare fuori, il timore di farla scappare via a causa di un errore è alle stelle. Cavoli, ma perché le donne sono così complicate? E’ una questione su cui ci si dovrebbe mettere a tavolino e scrivere poemi lunghi chilometri.
    Cavoli alla seconda! Si sta allontanando con la valigia in mano… oh no, non riesco a muovermi, i miei muscoli si sono irrigiditi. Shiho…aspetta… ti prego, lasciami spiegare…Shiho…Shiho…: ”Shiho!”

    Se, ti chiedessero se c’è, qualcuno che ti ha amata al punto di pensare che poi in cambio non voleva niente, tranne fossi felice, e ti lasciasse in pace, e di riaverlo accanto, per fargli capire che per te, non è mai abbastanza. No, non è mai abbastanza…
    Scusa se t’interrompo, ma forse non ti rendi conto, che per me, non esiste altro, perché per prima esisti…
    Tu, tu che mi attraversi; tu, tu che di stelle vesti il cielo, e mi convinci che di te non ne avrò mai abbastanza.
    Tu, tu ciò che poi non ti aspetti; tu, tu che piangi e non ascolti, niente, neanche quando dici che hai sbagliato e vuoi cambiare.
    Tu, così forte e solare…tu.


    Miracolo, si è voltata. Sebbene i suoi occhi siano rossi e stia tremando, anche se impercettibilmente, mantiene intatta la sua compostezza, quindio ha un forte desiderio o di non darmi dispiaceri o di mostrarsi capace di resistere ai piaceri del cuore, opto per la prima, poiché credo che non piangerebbe se non fosse per il fatto che è costretta a partire.
    “Shiho, io… io sono convinto di amarti…” ma…ma cosa… ho parlato senza nemmeno pensare, cioè, pensare, ci ho pensato, ma non ne avevo il coraggio, non riuscivo a dirglielo; evidentemente esistono alcune locuzioni verbali che si pronunciano non con un comando del cervello, ma del cuore. Interessante…
    “Ascoltami: tra me e Ran c’è soltanto un amore, ma fraterno, entrambi sappiamo bene di volerci bene. C’è differenza tra volersi bene dall’infanzia e amarsi. Anche se non sono avvezzo nel campo dei sentimenti, non ci vuole necessariamente un genio per capire che non tutte le volte chi si vuole bene, si ama, la maggior parte sì, invece la minoranza restante, altrimenti detto ironicamente, lo 0,1, no. Capisci?” mi fermo per riprendere fiato, le mie gambe tremano, perciò appoggio una mano su una sbarra di ferro della ringhiera: “Se non fosse per te…” mi sento avampare: “Se non fosse per te, non sarei ritornato nel mio corpo, non avrei sconfitto l’Organizzazione” pausa perché ci sto prendendo gusto a vedere le metamorfosi del suo viso che all’inizio era impassibile, poi è divenuto stupito e infine i suoi lineamenti si sono addolciti: “Grazie, grazie di cuore…Shiho” Yu hu! Ce l’ho fatta! Finalmente mi sono completamente liberato di quell’opprimente peso che mi portavo dentro. Incredibile, praticamente è come un palloncino: quando viene riempito con dell’acqua è pesante, invece facendo la stessa cosa con l’aria è leggerissimo, anche se dichiarare il proprio amore alla persona che più ci sta a cuore, non è per niente semplice come riempire o soffiare dentro a un palloncino.
    Ritorniamo a noi, socchiudo gli occhi inspirando profondamente per controllare l’eccitazione che a stento trattengo. Intanto incamero il segnale della sua avanzata verso di me. Porta dei tacchi, prima non me n’ero accorto, a giudicare dal suono direi che sono più o meno alti.
    “Hai ragione” si appoggia alla ringhiera proprio a pochi centimetri da me, non mi sarei mai aspettato una distanza così minima; insomma, lei segue rigidamente le regole della prossemica, quindi è un evento da segnare sul calendario.
    “Fino a ieri l’altro ero convinta che le mie speranze d’amore fossero vane” incomincia il discorso con la sua voce scura ma allo stesso tempo soave, quantunque poche volte la sento parlare così.
    “Sono rimasta alquanto allibita quando ho saputo dal professore la verità sul vonto tuo e di Ran, ormai avevo fatto il biglietto” asserisce con un gesto eloquente della mano sinistra: “Shinichi… io non ti dirò come molte ragazze: Shinichi io provo qualcosa ma non so cosa ecc. io sarò chiara e precisa…” esala un sospiro, già comprendo che si tratta di roba forte, detto in modo adolescenziale.
    “Shinichi…io ti amo” bene, annuncio alla stampa: ho appena capito cosa vuol dire avere un tuffo al cuore!
    “Anche io ti amo…” mi affretto a rispondere prima che non accadano inconvenienti di non so che genere.

    Arriverà, il sapore del bacio più dolce, l’abbraccio che ti scalderà.
    Arriverà, una frase alla luna, di quelle che poi ti, ti sorprenderà.
    Arriverà, la mia pelle a curar le tue voglie, come la magia delle stelle.


    Non posso più trattenermi, forse nemmeno lei. Mi guardo furtivo intorno, dopodiché guardo lei che acconsente con un cenno del capo.
    Dio solo sa quanto sia stato bello e intenso il nostro bacio; certo, non è il posto migliore del mondo il parcheggio dell’aeroporto, ma poco importa in confronto al magico rito che dà inizio a un rapporto amoroso.
    Non saprei calcolare la durata del bacio, quel che è sicuro è il fatto che il restare attaccate delle nostre labbra conteneva qualcosa di sensazionale e magnifico. Il poterla cingere delicatamente è costituisce per me una specie di scudo protettore, inoltre, garantisco più che mai che benché lei sia stata membra di un’organizzazione criminale, l’elisir della bontà e del lasciarsi penetrare non l’ha perso; ciò è sorprendente.
    Ci stacchiamo sazi l’uno dell’altra, purtroppo con mio disappunto lei mi mostra afflitta il biglietto, dicendomi che anche se mi ama non può certo rinunciare agli studi, dunque dovrà partire ugualmente.
    “Ritornerò tra un mese, prima degli esami, te lo prometto” mi consola, peccato che in parte è già ritornata la consueta ragazza impassibile, ma va bé chi la capisce veramente a lei.
    “D’accordo, però lascia che ti accompagni fino al gate”.

    Ora che anche l’aria sa d’estate, mi abbracci e vuoi partire.
    Dove non importa basta stare insieme, lontani dalle cose.
    Ti bacio sai di miele, sai di mare, d’estate.


    Giungiamo alla sala d’aspetta, qui dobbiamo separarci come prevede la procedura d’imbarco: “Buon viaggio Lady Macbeth” le auguro io ironico, eh già, ho riacquisito un po’ di felicità grazie alle sue ultime parole. Tuttavia ella non sembra gradire molto il saluto: infatti ha alzato un sopracciglio scrutandomi con quel suo sguardo truce che le riesce fin troppo bene, spaventerebbe chiunque.
    Io le racconto un po’ dell’opera di Verdi, ovvero Macbeth: innanzitutto spiego che fu mia madre ha costringermi di vederla, ma la ringrazio lo stesso, nonostante la sua pazzia alle volte esagerata, addirittura sconfinata.
    A sentire parlare di mia madre, Shiho sorride entusiasta, purtroppo però hanno chiamato il volo e siamo costretti a dividerci, ma lo facciamo a testa alta, senza lacrime, dato che non ha senso piangere se una persona poi la rivedi.

    Caspiterina, si è fatto buio, certo che ne ho vissute di emozioni in così poche ore. Posso dirmi completamente soddisfatto di questa giornata ed ora in avanti, segnerò con una X rossa sul calendario i giorni che mi separano da rivederla, sebbene ci siano i vari mezzi di comunicazione, primo fra cui il telefono.
    Osservo ancora una volta le ampie vetrate che danno sulla pista, l’aereo è già scomparso nel cielo ora tinto tra il viola e il blu scuro. Incrocio la luna e le sorrido, non mi giudico patetico, che ci posso fare, mi è venuto spontaneo.

    Buonanotte a tutti quelli come me, che dopo mezzanotte inizia il tempo di aspettare il sole.
    Buonanotte a tutti quelli come me, che per sognare non han più bisogno neanche di dormire.

    Lavoro 4#
    Profumo di neve

    «Scordati di tornare a scuola in queste condizioni..»
    «Eh?»
    «Mi hai sentito..»
    Conan Edogawa non aveva neanche alzato lo sguardo, intento come era a tenerlo incollato su un video in rete che riuniva tutte le azioni più spettacolari dello scorso campionato di calcio, tuttavia il tono perentorio che aveva usato non sembrava ammettere repliche di nessun genere.
    «Era solo uno starnuto, Kudo..»
    Dal canto suo Ai Haibara non era certo il tipo che si lasciava zittire per così poco. Anzi semmai, quella di trovare sempre un motivo per iniziare una discussione, era probabilmente una dote innata. La sua capacità di mandare in crisi le persone, che avevano la male augurata esperienza di intavolare una conversazione con lei, non era paragonabile a nessun altro essere vivente.
    Si voltò verso lo sfortunato di turno , che le era seduto a fianco, in attesa di una sua risposta. Risposta che ovviamente non tardò ad arrivare perché se è vero che lei pretendeva di avere sempre l’ultima parola, il suo interlocutore non le era certo da meno. In quanto a presunzione forse i due se la battevano alla pari.
    «Sei starnuti nel giro di due minuti per la precisione» ribatté come previsto Conan.
    «Che fai.. tieni il conto pure?» esclamò lei esterrefatta.
    Lui distolse finalmente lo sguardo dallo schermo e la fissò accigliato.
    «Beh che hai da guardare?» domandò Ai evidentemente seccata.
    «Bel ringraziamento per essere rimasto con te tutto il pomeriggio» fece sarcastico lui.
    «Nessuno ti ha chiesto nulla»
    Non le si poteva dar torto. Lei non aveva certo domandato aiuto a nessuno tantomeno a lui. Era stata una sua scelta quella di arrivare senza preavviso a casa sua e appropriarsi del suo divano, e del suo pc soprattutto, e dire che si sarebbe fermato li fino a sera. Conan, d’altro canto , visto come stavano procedendo le cose, stava rimpiangendo amaramente quella sua decisione. Se avesse saputo di non ricevere la minima riconoscenza da parte di lei e per di più fosse stato costretto a dover passare ogni minuto a discutere, probabilmente non si sarebbe preoccupato così tanto per l’assenza di Agasa, che era stato convocato a presentare la sua ultima fantomatica invenzione al pubblico, e se ne sarebbe rimasto volentieri a casa a rilassarsi oppure a prestare la sua capacità investigativa a quell'incapace di Kogoro nella risoluzione di un nuovo caso affidatogli.
    Sospirò rassegnato e tornò al suo video aspettando solo che quelle ore infernali passassero in fretta. Ai, che non sopportava di essere trattata come una damigella in difficoltà, gli voltò le spalle e si avvolse nella coperta che teneva in grembo. Il suo malumore era accentuato dal fatto di essersi beccata l’influenza per l’ennesima volta quell'anno. Aveva passato l’ultima settimana completamente chiusa in casa senza poter vedere nessuno a parte Agasa e quello scocciatore di Kudo che gironzolava in soggiorno, dove lei era solita sostare per la maggior parte della giornata, facendole mille raccomandazioni. Mica era stupida. Non era stata certo lei a volersi ammalare di nuovo. Era solo sfortuna. Forse ancora più letale di quella che era convinta perseguitasse il suo amico ovunque egli mettesse piede.
    «Hai freddo?» le chiese lui vedendo come lei era quasi scomparsa sotto la coperta. Nonostante non si meritasse ulteriori premure non poteva fare a meno di prendersene cura.
    Ai si scoprì il volto e lo guardò. Un lieve senso di colpa si fece strada dentro di lei. Sfogare le sue frustrazioni sull'amico non avrebbe di certo migliorato le cose inoltre doveva riconoscere che lui ancora una volta le era accanto, lui c’era sempre soprattutto quando nessun altro poteva farlo.
    «No… sto bene» rispose seppellendo di nuovo il viso tra le pieghe di quella lana calda.
    «Sai…» continuò Conan «stavo pensando che succede sempre qualcosa quando tu stai male»
    In effetti c’era da riconoscere che le pessime condizioni di salute della bambina fossero una specie di calamita per i guai. L’ influenza aveva colpito Ai sia il giorno in cui, costretta a riprendere il suo vero aspetto, si era quasi fatta uccidere da Gin nel caso dell'Haido City Hotel sia quella volta in cui Vermouth aveva infine rivelato di celarsi sotto le mentite spoglie del Dottor Araide e lo stesso Conan aveva a sua volta dovuto assumere le sembianze di Ai per trarre in inganno la donna in nero e nello stesso tempo proteggere l’amica dalle sue intenzioni omicide. Un piano perfetto che tuttavia si era rivelato poco proficuo visto la stessa azzardata decisione di Haibara di correre in suo aiuto e sacrificarsi per mettere fine a tutta la questione. E il viaggio sul Mistery Train?.. Neanche a parlarne. In quel caso si era perfino dovuto ricorrere all'intervento di una “guest star” d’eccezione per salvare la situazione.
    «Hai mai pensato che forse sei tu a portare sfortuna Kudo?»
    Ai non poté fare a meno di lanciare quella frecciata. Non si poteva certo discutere sul fatto che l’amico si lasciasse dietro una scia di cadaveri, seppur non intenzionalmente, ovvio.
    «Spiritosa.. che vorresti insinuare?» disse piccato lui.
    «Che forse il consiglio che Yamamura ti diede quel giorno, di sottoporti ad un esorcismo, non è da scartare non pensi?»
    «Ma figurati.. cosa vuoi che ne capisca quell'imbranato? Se non fosse per me sarebbe a pulire i bagni della centrale di polizia a quest’ora… E poi spiegami una cosa» proseguì irritato Conan «come fa una scienziata come te, che basa tutto sulla razionalità, a credere agli esorcismi o roba del genere?»
    «Beh di certo prima di incontrare te e vedere gli eventi nefasti che riesci a scatenare non ci avrei creduto proprio» rispose tranquilla lei
    «Basta mi hai scocciato! Bevi il tuo latte e chiudi il becco!»
    Per Conan il discorso finiva li. Il nervosismo aveva nuovamente preso il sopravvento. Quella ragazza era capace di demolire ogni possibile buona intenzione nei suoi confronti. Cliccò sul tasto play e fece ripartire il video che aveva messo in pausa.
    Per un po’ nessuno dei due proferì più parola al punto che il piccolo detective credette che l’amica si fosse addormentata senza rendersene conto. Si sporse per avere conferma della sua deduzione poi di colpo la sentì sussurrare
    «Profumo di neve…»
    «Cosa?»
    Ai arrossì lievemente ed evitò di incontrare il suo sguardo. Non sapeva spiegarsi perché all'improvviso le fosse venuto in mente. Non sentiva quelle parole da anni e con amara consapevolezza era certa che non le avrebbe udite mai più. Perché quelle parole appartenevano a qualcuno che non avrebbe più fatto ritorno, che l’aveva lasciata per sempre. Il viso gentile di sua sorella prese forma nella sua mente mentre una spiacevole sensazione le saliva dalla bocca dello stomaco. Tutto il dolore faticosamente messo da parte, accuratamente celato se non in sporadiche occasioni, adesso stava riemergendo con tutta la sua forza devastante senza lasciarle scampo. Per quale ragione ci aveva pensato? E’ vero che l’aria, quel giorno, era piuttosto pungente ma pensare alla neve… perché?
    Akemi adorava la neve. Anche se le occasioni di vedersi e passare del tempo insieme erano rare, sua sorella non mancava di coinvolgerla nella sua vita per invitarla a godersi anche il più piccolo attimo di felicità che quella esistenza era in grado di regalargli. Si… proprio a loro due che di semplice nella vita non avevano nulla. Cresciute per la maggior parte da sole e in balia di un mondo oscuro che non le avrebbe mai lasciate libere se non nella morte. E forse anche li ad attenderle non ci sarebbe stato nient’altro che l’inferno come espiazione per le loro colpe. Akemi, però, quel briciolo di vita normale aveva avuto la fortuna di assaporarlo e aveva imparato a vivere soprattutto grazie a quelle piccole gioie quotidiane che per la per la maggior parte della gente erano così scontate da non essere in grado di capirne il valore. Ecco come anche un fenomeno naturale e ripetitivo era in grado di regalarle quell'attimo di magia che tutti desiderano nella vita.
    Ai ricordava come gli occhi della sorella fossero in grado di illuminarsi all'improvviso mentre col volto rivolto in alto annusava l’aria che la circondava.
    «Shiho… non senti profumo di neve?»
    Ovviamente no…lei non percepiva nulla di così assurdo e assolutamente irrazionale. Era scientificamente impossibile che la neve potesse avere un qualsivoglia odore. L’unica cosa che riusciva a mettere sull'attenti il suo olfatto era la vicinanza con quella gente di cui anche lei faceva parte ma in quel caso si trattava di inquietudine e paura radicata nel profondo dell’anima…un inconsapevole istinto di sopravvivenza…niente a che vedere con la sensazione di beatitudine che provava la sorella.
    Poi perché proprio la neve? Che poteva esserci di tanto meraviglioso in un po’ di acqua ghiacciata che cadeva dal cielo? Lei non riusciva a capirlo.
    «Haibara?»
    Ai si ridestò dai suoi pensieri. Conan si era sicuramente preoccupato a vederla in quello stato di trance senza apparente motivo e le aveva dato una leggera pacca sulla spalla per riportarla alla realtà.
    «Sto bene» disse a fior di labbra lei «io stavo solo ricordando una cosa»
    Lui continuava a fissarla, indeciso sulla possibilità di indagare oltre. E poi in fondo lo sapeva, la conosceva bene ormai, di certo lei non gli avrebbe dato ulteriori spiegazioni. Le volte in cui quella ragazza aveva scelto di condividere qualche sua emozione erano davvero da contare sulla dita di una mano. Ai preferiva rinchiudersi in se stessa e soffocare il suo dolore senza dare modo agli altri di accorgersi di quello che provava realmente…certo era anche accaduto che lei gli aprisse il suo cuore, a volte, era pure successo che scoppiasse a piangere ma erano stati rari momenti che con poca probabilità si sarebbero potuti ripetere.
    Scelse perciò di non dire nulla e di unirsi a lei in quel triste silenzio. A modo suo voleva dimostrarle che aveva capito e che non servivano parole per farle sentire la sua vicinanza.
    Fu di nuovo lei a rompere quel momento di malinconica quiete.
    «Akemi..»
    All'udire quel nome Conan sussultò. I suoi timori erano fondati. Era stato un qualcosa riemerso dal passato ad aver ammutolito Ai. Qualcosa che doveva averla scossa a tal punto da farle provare un immenso dolore. Era chiaro… qualcosa legato a lei.. a sua sorella.
    Mentre valutava l’ipotesi di chiedere di nuovo altre delucidazioni al riguardo, l’amica riprese a parlare.
    «Le piaceva la neve…»
    «Ah»
    Conan non sapeva che centrasse quel discorso con tutto il resto e soprattutto come Ai fosse arrivata a pensare alla neve quando era chiaro, che nonostante la primavera si facesse attendere parecchio quell'anno, la stagione delle nevicate fosse definitivamente conclusa.
    «Non ho mai capito perché le piacesse» proseguì lei «noi non avevamo nulla in comune con la neve.. noi immerse nell'oscurità più profonda di quel colore nero.. scomparivamo davanti alla purezza di quel bianco candido… la luce che squarcia il buio…»
    Adesso Conan era davvero confuso. Ecco che di nuovo lei si lanciava in uno dei suoi soliti discorsi contorti che per lui non avevano alcun senso, ricordava ancora quell'assurdità del delfino che riesce a sopraffare lo squalo. Per quanti sforzi facesse a volte non la capiva proprio ma del resto chi avrebbe potuto? Chi sarebbe stato capace di leggerle dentro e lenire quella ferita che con gli anni era diventata un solco troppo profondo da poter rimettere a posto? Quel breve frammento di memoria, che aveva fatto capolino quel giorno sotto forma di un sorriso familiare, aveva riportato a galla un dolore mai sopito.
    «Forse le piaceva proprio per questo…perché era tutto tranne che nero…no?»
    Alla fine lui aveva detto l’unica cosa che gli sembrasse plausibile. Era convinto che la mente di Akemi non sarebbe mai potuta essere così complicata come quella della sorella. Non era così difficile da capire, la giovane probabilmente si sentiva serena lontana da quel buio che attanagliava costantemente la sua vita.
    Ai provò a rifletterci su. Poteva dirsi la stessa cosa anche per lei? Le volte in cui aveva avuto a che fare con la neve non erano mancati eventi funesti come quelli di assistere all'ennesimo efferato delitto, se non ricordava male stavano partendo per andare a sciare il giorno del dirottamento dell’autobus , il giorno in cui aveva sperimentato una paura così opprimente da spingerla ad un gesto estremo e nevicava anche quella volta in cui stava quasi per perdere la vita quando , rintracciata da Gin, era stata ferita ripetutamente sul tetto di quell'hotel… e quel manto candido era stato profanato dal colore rosso del suo sangue. Inoltre, l’idea che quell'uomo orribile potesse trovare incantevole quello scenario per celebrare la sua fine, le toglieva il respiro. No… per lei non ci sarebbe mai stato niente di così magico in quei fiocchi bianchi. Sorrise tristemente ironica.
    «Alla fine era impossibile»
    «Cosa?» chiese Conan che non aveva più osato dire nulla. Aveva la sensazione di aver parlato a sproposito.
    «Sentire il profumo della neve… Akemi riusciva a percepire quando sarebbe arrivata..»
    «Sul serio?» domandò scettico il bambino
    «Non lo so…non ho mai avuto così tanto tempo con lei da riuscire a vedere se aveva ragione»
    «Che sciocchezze» sentenziò lui «Non è possibile fare una cosa del genere»
    «Lo so..» ribatté afona lei
    «Ah… io intendevo…» lo aveva fatto di nuovo. La sua razionalità l’aveva avuta vinta ancora una volta e nel momento peggiore. Per una volta che lei gli stava confidando qualcosa la sua boccaccia era andata per fatti suoi.
    Ai si alzò per lasciare la tazza vuota sul tavolo.
    «Si.. lasciamo stare.. sono cose per gente romantica» disse sarcastica «Non fanno per noi Kudo»
    “Parla per te” avrebbe voluto replicare lui ma stavolta si impose di tenere la bocca chiusa.
    Ma nuovamente quel buono proposito ebbe vita breve, come di consueto lei non si era fatta sfuggire di notare come lui avesse preferito mettere a tacere la sua insopportabile saccenza e di conseguenza ne era nata una nuova discussione. La cosa andò avanti per quasi tutto il pomeriggio e fu così che due delle menti più geniali che si potessero incontrare sulla faccia del pianeta trascorsero quelle ore a dibattere su cose poco probabili come la possibilità di prevedere l’arrivo della neve fino a sfociare a conversazioni del tutto surreali. Quando poi saltò fuori perfino il nome di Kaito Kid, per via delle sue magie impossibili, Conan era saltato dal divano sbraitando che a questo mondo non esisteva nulla che non potesse avere una spiegazione logica e che quel mago da strapazzo aveva i giorni contati perché lo avrebbe smascherato presto.
    Arrivata l’ora di cena, e dopo aver lasciato Ai facendole mille raccomandazioni che gli erano valse l’ennesima occhiataccia da parte di lei, Conan fece ritorno a casa. Era stato uno strano pomeriggio ma alla fine ne era valsa la pena... Era anche riuscito a strappare un “grazie” a quella musona ed era quasi convinto che parlare un po’ di Akemi le era servito per sentirsi meno sola.
    Arrivato sulla soglia di casa fu quasi travolto da Ran che si precipitò ad accoglierlo
    «Conan! Conan! Vieni a vedere!» la ragazza lo trascinò alla finestra «Nevica! Hai visto? Sta nevicando.. E’ meraviglioso»
    «Nevica?»
    Il bambino si sporse per vedere meglio. Candidi fiocchi leggeri volteggiavano sulla città.
    «Ma come può essere? Non è tempo di nevicate»
    Ran che gli era accanto fece un sorriso radioso
    «Si sentiva profumo di neve.. L’ho detto a Sonoko prima..»
    «Eh?»
    Per la seconda volta quel giorno aveva sentito un’assurdità come quella.
    «Ma la neve non…»
    Non ce la fece. Questa volta non ebbe il coraggio di controbattere. La luce che riusciva a vedere negli occhi della giovane che gli era a fianco lo ammutolirono.
    “Sono cose per gente romantica Kudo”
    Le parole di Ai gli risuonarono in testa. Forse era vero. Forse quello che serviva veramente era saper guardare il mondo con occhi diversi…Con gli occhi di un angelo dal cuore puro come Akemi… con gli occhi di un anima dolce come la sua Ran. Non ci aveva mai fatto caso ma le due ragazze si somigliavano moltissimo…Chissà se anche Ai se ne era accorta? Forse era proprio su questo che si basava il loro strano legame…un rapporto piuttosto inusuale che le due avevano instaurato col passare del tempo ma che a volte sembrava così fragile da potersi frantumare come vetro. E lei? Ai… Cosa provava in quel momento? Lo stava guardando quello spettacolo fuori stagione?
    Si… lei stava guardando. Incurante delle raccomandazioni ricevute aveva spalancato le finestre e stava osservando stranita quel paesaggio bianco. Quasi di riflesso alzò il naso verso l’alto annusando l’aria.. quel fantomatico profumo non riusciva ancora a sentirlo ma ugualmente un sorriso le si dipinse in volto. Forse prima o poi lo avrebbe percepito anche lei.. forse quella vita semplice, ma proprio per questo così preziosa, che Akemi immaginava per loro due non era dopotutto cosi irraggiungibile…forse poteva esserci ancora speranza ma più importante, forse, esisteva davvero qualcosa in grado di sfuggire all'umana comprensione, quel mistero che neanche il più grande detective al mondo sarebbe stato mai in grado di svelare.

    Lavoro 5#

    La storia improvvisata


    Introduzione:
    In un paese dove tutto è lecito soltanto una persona potrà salvare la gente dalla malavita... il suo nome è ispettore Yamamura!

    Comunque, Conan un giorno si sveglia e cade dal letto a causa di un incubo.
    Dopo quella caduta, Conan nota che cominciano ad allungarsi le sue gambe, allora capisce che potrà tornare a diventare Kudo Shinichi solo cadendo dal letto.
    Decide così di riprovarci, ma non capita nulla mantenendo la parte inferiore sviluppata e la parte superiore da bambino.
    Conan quindi pensa a cosa fare prima che Ran se ne accorga e pensa: "Devo trovare un modo per tornare normale... proviamo a chiedere l'aiuto di Ai".
    La chiama e quando risponde, le spiega la situazione e chiede il suo aiuto. Ai, impressionata pensa che tutti quegli anni per trovare un antidoto sull'APTX siano stati buttati all'aria... tuttavia dopo un po', si riprende e prova anche lei a buttarsi giù dal letto. Ora anche lei si trovava nella stessa condizione di Conan.
    Capisce anche che da una determinata altezza, si può arrivare ad una determinata crescita del corpo e allora chiedono l'aiuto al dottor Agasa.
    Il dottore diplomato con ben 3 dottorati quindi dottor dottor dottor Agasa inventa il para/cadute cioè para le cadute al momento dello schianto (un ciuschi peggio di quelli di Doraemon). Dopo averli indossati vanno sul tetto dell'agenzia investigativa del detective Mouri e provano a buttarsi... e con grande stupore.... Muoiono...
    DEAD END.

    Lavoro 6#
    LA VENDETTA DI UNA DONNA


    Nulla, quel giorno, avrebbe fatto presagire a Shinichi Kudo la piega che avrebbe preso la sua vita. S’era alzato dal letto al solito orario, s’era sistemato ed era andato a prendere la sua amica, e vicina di casa, Shiho Miyano per andare a scuola con lei.
    Erano passati sei mesi dalla distruzione dell’Organizzazione degli uomini in nero, la donna ramata aveva ridato ad entrambi il proprio aspetto da liceali, poi Kudo, con l’aiuto della polizia nipponica e dell’FBI aveva sgominato i criminali che li braccavano ed arrestato il loro misterioso Boss, pochi elementi erano sfuggiti alla cattura.

    Nei sei mesi seguenti non era accaduto nulla di significativo. Shiho s’era iscritta al Teitan, sebbene non ne avesse molto bisogno (dati gli studi avanzati da lei sostenuti in America per conto degli Uomini in Nero), ma aveva convenuto, con Agasa e Shinichi, che se voleva rifarsi una vita doveva per prima cosa vivere come una ragazza della sua età.

    Così si iscrisse al terzo anno di liceo, sezione E, suscitando una girandola di voci, pettegolezzi, mormorii: chi era? Da dove veniva? Perché s’era trasferita a metà anno? È fidanzata? Dove vive? Che misure ha? Perché è sempre in intimità con Kudo?
    I due giovani erano tranquilli e rilassati, felici delle loro vite ritrovate. Kudo aveva ripreso la sua quotidianità: partite di calcio, casi in collaborazione con Megure, uscite con la sua ragazza ufficiale, Ran Mori. La prima cosa che Shinichi aveva fatto, infatti, appena distrutti gli Uomini in Nero, era stata di chiedere alla sua amica d’infanzia di divenire la sua fidanzata e da circa tre mesi un anello di fidanzamento annunciava ai numerosi spasimanti (di entrambi i ragazzi) che c’era una coppia in più al Teitan.

    Shiho, dal canto suo, aveva cercato d’inserirsi al meglio nel nuovo contesto. Eletta a furor di popolo capoclasse, era stata poi, con suo enorme fastidio, costretta ad entrare nel club di chimica (c’era voluto poco per capire che in quel campo era un genio) e molti sostenevano che, se si fosse trasferita un po’ prima, avrebbe senza dubbio vinto a mani basse il concorso di Miss Teitan che era stato ripristinato quell’anno per la prima volta dopo molto tempo. Aveva diversi pretendenti ma ella, come una moderna Penelope, respingeva tutti con distacco e fermezza.

    Tutto andava pertanto per il migliore dei modi, Agasa s’era dimostrato un padre adottivo premuroso ed affettuoso e la ragazza sembrava aver dimenticato le brutte esperienze del suo passato.

    Quella mattina, quindi, Kudo suonò alla porta di Agasa convinto che un’assonnata Shiho gli avrebbe aperto sbadigliando e mordendo un toast imburrato. Ma nessuno venne ad aprire.

    Suonò di nuovo.

    Nulla.

    Chiamò con il suo cellulare su quello della ragazza.

    “Il cliente da lei selezionato non è al momento raggiungibile …”.

    Si massaggiò la folta chioma e provò a girare la maniglia, la porta s’aprì.

    “Prof., è in casa? … Shiho, ci sei?”

    Il silenzio dell’abitazione lo fece preoccupare. Con passo guardingo entrò nel salone e … non credette ai propri occhi. La stanza era stata messa completamente a soqquadro, non un mobile o un quadro era rimasto al proprio posto; un ciclone avrebbe fatto meno danni.

    Il detective dell’Est si agitò ed iniziò a chiamare a gran voce i suoi amici:

    “Agasa, Shiho, dove siete? Rispondete!”

    Passò in cucina; devastazione anche lì, come pure nel laboratorio di Miyano. Salì di sopra. La stanza della ragazza (dormiva in una propria camera da quando era tornata adulta), era nelle stesse condizioni del resto della casa. A prima vista pareva che qualcuno avesse colto la sua amica a letto, si vedevano infatti le lenzuola stropicciate, era chiaro che qualcuno vi avesse dormito, ma le coperte erano tutte per terra. Quindi o qualcuno aveva sorpreso la giovane nel sonno o, magari, questa s’era alzata all’improvviso perché destata da qualche rumore.

    A ben vedere mancava il telefono, quindi il cellulare doveva essere con lei. Riprovò a chiamarla ma la voce registrata diede sempre lo stesso responso.

    Kudo passò nella seconda stanza, quella di Agasa, e lo trovò! Il professore era coricato nel proprio giaciglio con una profonda ferita alla testa da cui colava del sangue ormai rappreso. Shinichi corse da lui e gli toccò il polso, il battito, per quanto esile, era presente.

    Lo chiamò:

    “Professore, professore!”

    Agasa, dopo qualche attimo, aprì gli occhi.

    “Oh, Shinichi, sei tu?”

    “Non si forzi, è molto debole”.

    “Cos’è successo?”, chiese l’uomo ancora confuso mentre cercava di alzarsi, senza riuscirci.

    “Me lo dica lei. Dov’è Shiho?”

    “Shiho?”, il dottore scattò in piedi, ma la testa iniziò a girargli, così dovette rimettersi giù.

    “Shiho!”, mormorò. Poi iniziò a piangere. Kudo s’agitò.

    “Sì, Shiho, cos’è successo?”

    “L’ha presa, … l’ha presa”.

    “Chi?”

    “Gin!”

    Kudo ammutolì. Agasa proseguì:

    “Mentre dormivo ho avuto la sensazione che ci fosse qualcuno in casa, ho aperto gli occhi e … l’unica cosa che ricordo è il volto di Gin. Poi il buio”.

    “L’è andata bene, poteva ammazzarla. Devo chiamare Megure”.

    Stava per comporre il numero quando il cellulare iniziò a vibrare.

    “Shiho, pronto, dove sei?”

    “Salve, Kudo!”

    “Gin?”

    “Vedo che ti ricordi ancora di me! Poche chiacchiere, ascolta senza interrompere. Suppongo che tu abbia già trovato il tuo amico con un bernoccolo in testa, bene, saprai anche che la cara Sherry è ora qui con me. Abbiamo molte cose da dirci, noi due. Ma vorrei che anche tu ti unissi a questa bella rimpatriata. Ovviamente non devi chiamare gli sbirri e devi venire subito. Siamo al magazzino 7 del molo B del porto di Yokohama”.

    “Voglio sentire la voce di Shiho!”

    “Naturalmente!”

    “Shinichi, non venire è una tra…!”

    “Shiho, Shiho!”

    “Siamo intesi, Kudo? Magazzino 7 molo B, vieni subito e da solo, o farò un bel buchetto in questa testa ramata!”

    La comunicazione cadde. Il detective non perse tempo; incurante di Agasa che lo chiamava per nome, il giovane corse a perdifiato fino a casa sua, prese la moto che sua madre teneva in garage e partì a tutta velocità.

    Durante il tragitto fu preso dal dubbio, forse doveva studiare un piano, doveva avvertire Megure. No, non c’era tempo, se Gin era tornato l’avrebbe ammazzata entro breve. In quindici minuti, il ragazzo posteggiò all’ingresso del magazzino 7.

    Era tutto buio, il luogo pareva abbandonato. Accese la torcia che portava nell’orologio, ricordo della sua vita da Conan, ed entrò. Percorse cento metri tra porte chiuse e scatoloni dimenticati. Poi sentì un lamento provenire da una stanza. Giunse fin lì e vide Shiho: era seduta su una sedia, con le mani legate dietro la schiena, un bavaglio in bocca. Kudo controllò attentamente che non ci fosse nessuno e s’avvicinò. La svegliò con qualche schiaffetto.

    “Shinichi!”, disse la giovane appena poté parlare.

    “Ehi, stai bene? Dov’è Gin?”

    “Dietro di te, detective!”

    La voce del suo nemico lo fece voltare. Era lì, ancora vestito di nero, con cappello ed inseparabile sigaretta. Ed aveva un ghigno malvagio in volto, come di uno che pregusta da tempo quel momento.

    “Shiho, rimani dietro di me!”, disse il ragazzo, spingendo l’amica alle sue spalle con una mano e facendole scudo con il suo corpo.

    “Credi che mi preoccupi di non spararti?”, domandò l’uomo in nero.

    “No di certo, ma ti renderò più difficile ucciderla!”

    “Oh, ma io non voglio di certo uccidere la mia Sherry!”

    Kudo rimase perplesso. Ma i suoi dubbi divennero panico quando sentì la fredda canna di una pistola automatica che gli premeva sulla nuca.

    “Farai bene a non muoverti, Shinichi!”

    “Shiho … che significa?”

    La ragazza, senza dire più nulla, lo colpì con il calcio e lo fece cadere a terra.

    Si risvegliò qualche minuto dopo quando una gelida secchiata d’acqua gli colpì il viso. Ora era lui ad essere legato alla sedia, ma non era imbavagliato. La flebile luce di un paio di lampadine illuminavano le due figure che aveva davanti. Una era Gin e l’altra non era Vodka, che era morto quando la villa del Boss a Tottori era stata presa d’assalto dalle forze speciali, no … era la sua amica Shiho. La donna ora indossava un cappotto nero come la notte e lo guardava con occhi di ghiaccio.

    “Shiho, perché?” domandò con un filo di voce.

    “Tu non hai capito mai nulla di me! Mai!”

    “Ti ho aiutato, ti sono stato affianco, cosa non ho capito?”

    “Che non mi bastava! Che io … io m’ero innamorata di te. Perdutamente e tu? Cos’hai fatto tu appena siamo tornati adulti? Ti sei fidanzato con lei!”

    “Con Ran? Ma come … non capisco!”

    “Lo so che non capisci. Ma come credi che mi sia sentita in questi mesi, mentre tu tubavi con lei? Mi hai ferita, profondamente!”

    “Ma Shiho …”.

    “Un mese fa Gin mi ha trovata e contattata. Abbiamo trovato un accordo, ci siamo reciprocamente perdonati e siamo pronti a rifarci una vita in America. Ma prima dovevamo vendicarci di chi ci ha fatto soffrire!”

    “Vuoi partire con lui?”

    “Vedi, Kudo”, s’intromise Gin, “io e Sherry abbiamo sempre fatto coppia, nella vita privata, fino a quando lei non è scappata. Perché credi che la cercassi?”

    “Non vi credo!”

    “Fai male”, disse ancora il criminale. Che poi strinse a sé la ragazza, le prese il volto con una mano, lo girò verso di sé e le diede un bacio lascivo e lussurioso. Kudo era sconvolto.

    “La mia piccola ha capito che le serviva un vero uomo, che l’apprezzasse, la facesse divertire con tutti quei giochetti che le piacciono tanto, non sai cosa ti sei perso, Kudo, è una selvaggia a letto! Ma tu sei così sciocco! Ed alla fine Sherry ha capito che solo io la posso far sentire una donna e renderla felice!”, e mentre diceva ciò le baciava voluttuosamente l’attaccatura dei capelli, proprio dietro l’orecchio, Sherry fremeva a quel tocco come a Shinichi non era mai capitato di vederle fare prima.

    “Gin voleva ammazzare tutti, tranne te, per farti soffrire. Sai quant’è teatrale”, riprese lei quando il suo uomo ebbe finito quel piacevole giochetto, “ma ho pensato che non fosse il caso di far fuori chi mi aveva aiutata così tanto, quindi siamo giunti ad un compromesso: invece di far saltare il cervello ad Agasa, a Kogoro ed ai detective boys, faremo fuori solo te. Rapido, semplice e pulito”.

    La donna prese la pistola che teneva in mano e mirò con calma glaciale.

    “Ti dissi una volta che io sono uno squalo degli abissi; beh, non si può addomesticare uno squalo. Hai avuto la tua occasione, ero pronta a cambiare per amor tuo … ma tu … hai fatto una scelta diversa, hai preferito un delfino mansueto. Pazienza, ne pagherai ora le conseguenze”.

    Mirò con calma. Ma ad un tratto le iniziò a tremare la mano, gli occhi sperduti del suo Shinichi la turbavano e la facevano vacillare. Gin le sussurrò:

    “Ehi, piccola, sii forte come sempre. Ricorda il male che t’ha fatto … ricordati di … Ran!”

    Gli occhi della donna si velarono di lacrime, ma divennero duri come l’acciaio.

    “Sai, è stato fin troppo facile attirarti qui. La casa messa sottosopra, la mia sparizione, Agasa ferito, quattro mie parole al telefono … sei una delusione, ed inoltre hai un pessimo gusto in fatto di donne!”

    “Shiho …”, la chiamò ancora l’amico.

    “Il mio nome è Sherry!”, rispose la donna ed il colpo esplose.

    Lavoro 7#

    All'alba


    Una mattina d’ estate inoltrata, ideale per una passeggiata sulla riva del mare.
    Due persone seguitavano a fare quell’ azione, un uomo ed una ragazza; entrambi avevano sicuramente meno di trent’ anni.
    Lei, capelli castano scuro raccolti, occhi scuri ed un sorriso pieno di allegria; in quel momento era avvolta da un leggero pastrano e dei pantaloni di jeans.
    Lui invece, sembrava non aver avuto intenzione di fare con gli abiti un cambio di stagione, infatti, indossava un completino nero con sotto una camicia blu scura, quasi tutta abbottonata, tranne gli ultimi bottoni in cima.
    I dur passeggiavano senza una meta, chiacchierando in modo strano: lei gli faceva una domanda rivolgendogli un sorriso, lui rispondeva cupo, come se soffrisse, ma allo stesso tempo sembrava che non le volesse dare dispiaceri.
    Alla loro sinistra, il mare limpido più che mai rifletteva il chiarore del cielo; l’ alba si stava avvicinando!
    Dall’ altra parte, una fitta siepe costeggiava il cammino dei due, senza mai lasciarli soli.
    La siepe si presentava nera e selvaggia, man mano che passava il tempo però il suo colore cambiava e si riempiva di uccellini che canticchiavano al loro passaggio, come se li salutassero.
    Il cielo, ora violaceo, si apriva piano piano.
    “Adoro passeggiare in spiaggia così presto!”, disse a voce bassa la ragazza, forse aveva paura di svegliare qualcuno, ma chi?
    Nella spiaggia oltre a lei el ragazzo, non vi era anima viva; evidentemente, pensava che se avesse parlato un po’ più forte, avrebbe svegliato la moltitudine di uccelli.
    “Mi rilassa davvero tanto, mi consola. A te piace?”
    L’ uomo avvolto nei suoi pensieri le rispose cupamente di no, senza nemmeno guardarla negli occhi.
    “Sai… è tempo che non vedo mia sorella, mi manca molto”, continuò lei, stavolta cambiando il tono di voce e diventando triste. “Poverina, mi fa così tanta pena… se solo potessi aiutarla, se solo potessi salvarla, strapparla dalle grinfie di quel miserabile”.
    Una lacrima cadde involontariamente da uno de suoi occhi, “Scusa, scusa, lo so che è sciocco da parte mia piangere…”.
    “A quanto pare, piangi spesso. Mi spiace dirtelo, ma piangere non servirà a niente e tu sei abbastanza intelligente da capirlo”, proruppe l’ uomo guardandola fissa negli occhi.
    “lo so… lo so… ma…”, la ragazza non riuscì a controllarsi, cedendo ad un pianto a dirotto.
    “Vieni, poco distante da qui c’ è un masso di pietro, su cui possiamo sederci, così ti calmerai”, disse asciutto lui, cercando di essere dolce.
    “Credo che sarà difficile… Shu”, rispose lei; ora in mano stringeva un fazzoletto che aveva trovato per caso in una delle tasche dei pantaloni.
    “È da giorni che non esce da quel laboratorio, le rovineranno la vita e questo lei non lo merita!”.
    “Penso che tua sorella sia una ragazza in gamba, vedrai, se la caverà”, proferì ancora asciutto lui; non sapeva cosa rispeonderle, non era preparato per quella situazione, non aveva previsto che Akemi avrebbe toccato quel tasto dolente.
    “Tu non mi capisci! Non puoi capire!”. La giovane, in preda all’ ira, diede un pugno nel petto all’ uomo; “Non puoi capire!”, gli gridò in faccia.
    “Invece sì! E ti capisco molto bene anche!”, rispose lui adirato, “Sei tu che la fai più drammatica!”.
    Akemi, tra la rabbia e il pianto, iniziò a correre, distaccandosi da lui.
    Non capisce come mi sento! No! Lui non ha nessuno che gli stia a cuore!.

    Nel frattempo l’ aria si stava lentamente riscaldando, la lunga siepe, fin’ ad allora tenebrosa, si schiariva piano piano.
    Dall’ orizzonte, una striscia di cielo azzurra si levava sempre più in alto; le brevi onde del mare e il cinguettio degli uccelli accompagnavano l’ ascesa della striscia azzurra.
    Akemi correva ancora, più decisa che mai ad allontanarsi da quell’ uomo, che fino a qualche minuto fa, credeva un angelo, il quale le dava grande appoggio morale; adesso ripensava ai loro dialoghi. E se quell’ uomo, stesse solo fingendo di volerle bene? Se in realtà le sta accanto solo per ricavarne dei profitti?
    A questo pensava la ragazza, ora più turbata che mai.
    Correva e piangeva fra sé, doveva allontanarsi, doveva riflettere, era una questione sia di cuore che di principio! Lei lo amava, lo amava tantissimo; quando lui non era con lei, ella si sentiva solo e sconsolata, ma quando erano insieme, l’ uno di fianco all’ altra, era come se ogni tristezza e malore scivolasse via, svanisse e si dissolvesse nel nulla più profondo.

    All’ improvviso, senza accorgersene la giovane, urtò contro qualcosa di duro e freddo come l’ acciaio, cadde in ginocchio, sempre piangendo. Ora che era ferma, le gambe le dolevano da impazzire sia per lo sforzo della corsa, sia per la caduta improvvisa; a lei però non importava il dolore fisico, in quel momento si sentiva più sola che mai. L’ uomo che aveva sempre amato non la capiva, non capiva cosa provava davvero, in quale stato si sentisse, non poteva capirlo, perché lui non aveva nessuno che soffriva, non aveva nessuno che era sottomesso da un uomo vile e capace di azioni brutali e senza perdono.
    Una mano si posò sulla sua schiena, una mano calda, rassicurante, era Shuichi!
    Il ragazzo si accovacciò accanto a lei, un’ aria preoccupata era dipinta sul suo volto.
    “Akemi... non volevo ferirti, non era mia intenzione. La verità è che tu hai paura per lei e vorresti esserle più vicina, sì, perché non vi vedete molto.
    Lo so che hai paura, ma ricordati bene, non serve a niente piangersi addosso, bisogna reagire e andare avanti; purtroppo il vostro destino è segnato e non credo che Gin vi lascerà mai in pace, se non spedendovi dritte a l’ altro mondo. Tu però sei una ragazza coraggiosa, sopporta, non c’ è altro da fare. Tua sorella sta già sopportando tutto, perché ha capito che non c’ è via di fuga”.
    La ragazza alzò la testa, squadrandolo da capo a piedi, si accorse che stava sudando freddo. Akai l’ aiutò ad alzarsi ed insieme si sedettero su un masso di roccia lì vicino.
    “Shu…” mugolò lei tendendo gli un braccio, “Tu, mi starai vicino vero? Dimmi che non mi abbandonerai… ti prego”.
    “No, non ti lascerò sola, te lo prometto!”. Così, seguendo l’ istinto, l’ uomo le mise un braccio intorno alle spalle, avvicinandola di più a sé, stringendola forte forte.
    Il tempo passava, Akemi smise di piangere, asciugandosi le lacrime con il fazzoletto. Per un arco di tempo, nessuno dei due parlò, le onde del mare e il cinguettio degli uccelli riempivano la scena romantica.
    All’ orizzonte, la striscia azzurra era scomparsa, al suo posto, uno spettacolo di colori gremiva il cielo. Una palla rosso sangue si levava piano piano in cielo, scrollandosi di dosso i vari colori tremolanti da cui era rivestita.
    “Shu… il solo sta sorgendo! Ti confesso che in vita mia benché abbia visto molte volte questo fenomeno, mi accorgo solo ora della sua infinita bellezza. Sì, in passato non l’ ho mai trovato così splendido! E poi… ho come l’ impressione che il sole spunti proprio dall’ acqua! Che splendido spettacolo che la natura ci offre”.
    Akemi parlava con voce pacata, ora si sentiva al sicuro, accanto al suo amato Shuichi; quell’ abbraccio la confortava più di ogni altra cosa al mondo.
    “Shu… avrei una richiesta da farti…”, proseguì la ragazza arrossendo leggermente.
    “Zitta, non parlare… so cosa vuoi. Non sono la persona più indicata per certe cose…” rispose lui guardandola torvamente.
    “Allora… dimmi qualcosa di romantico…”, rispose lei.
    L’ uomo rifletté per qualche istante, dopodiché diede un’ occhiata intorno a loro con aria furtiva; infine, dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno in quella zona, scrollò il capo, avvicinando le sue labbra a quelle di Akemi, la baciò intensamente.
    Un bacio duraturo fu il loro; duraturo e pieno di infinito amore.
    Adesso Akemi non aveva più dubbi, lui l’ amava veramente, bastava quel bacio per capirlo, quel bacio così triste ma allo stesso tempo dolce e rincorante.
    Che strana sensazione che provo, forse è vero, forse dal fingere… sono passato a farmela piacere davvero….

    Lavoro 8#

    This punishment is my redemption.

    Nulla dava senso alla mia esistenza, essa non mi apparteneva. Ero succube di un mondo nero che condizionava ogni mio gesto, ogni mia azione. Quel nero si era insinuato nelle mie ossa, trascinandomi in un baratro profondo senza via d'uscita. Dopo anni di silenzio, avevo deciso di smettere di credere nei miei sogni, avevo abbandonato le mie necessità ed ero arrivata a credere che la cosa più semplice da fare fosse resistere alle sofferenze senza lottare.

    Ricatti, minacce, urla, perdite, dolore… Come potevo mettere fine a tutto questo? L'unica soluzione era quella di allontanarmi da tutti, dovevo essere sola, così imparai a rendere la solitudine mia amica. Essa era fredda, questo sì, ma era anche dannatamente silenziosa. Avevo cercato di resistere a lungo, avevo compresso i miei sentimenti in modo da sembrare una persona normale, ma questa era una condizione inaccettabile, avvertivo sempre più il desiderio di esplodere, di esistere per qualcun altro.

    Questo era l'alibi perfetto che avevo scelto per giustificare
    il delitto che avevo commesso contro me stessa.


    La mia vita era stata affidata al male, controllata da un uomo dallo sguardo di ghiaccio e dai lunghi capelli color cenere. Il suo nome era Gin, non era una persona qualunque, era diverso da tutti gli altri, riusciva ad emergere senza sforzo dalla massa! Aveva carisma, sapeva sempre come muoversi e cosa fare, non era mai spaventato e, nelle situazioni più complicate, riusciva sempre a mantenere la calma. Era freddo, arrogante e calcolatore, sembrava quasi che non provasse alcuna emozione, ma poi riuscivo a intravedere in lui quel brivido di eccitazione attraversargli le ossa quando scorgeva il terrore negli occhi di chi incrociava il suo sguardo.

    Quando poi il suo sguardo finì sul il mio, per la prima volta nella sua vita, provò delusione. Sul mio volto non c'era nessuna traccia di paura, solo indifferenza. Non riusciva a crederci: Come poteva, una comune donna, dimostrare indifferenza verso l'élite dell'organizzazione? Così come la delusione, in lui nasceva il desiderio di una sfida, o meglio di una "caccia", dove lui era il cacciatore ed io la sua preda. Senza opporre alcuna resistenza, decisi di partecipare con tutta me stessa, dando inizio al nostro gioco.

    Cosa mi aveva fatto cedere così facilmente?

    Tutto ciò di cui avevo sempre avuto bisogno nella mia vita era di qualcuno che mi guardasse, di qualcuno che mi prestasse delle attenzioni, ma soprattutto di qualcuno che mi facesse sentire viva! Quella maschera d'apatia che mi portavo dietro da anni, finalmente veniva scossa.

    Amore, passione, odio. Sono questi i sentimenti che più condizionano l'essere umano, eppure nei nostri incontri non c'era mai stato nulla di tutto questo, eravamo legati solo dal triste destino comune, quello di essere due anime vuote e solitarie.

    La notte sembrava una sorta di amante perfetta, uno spazio di tempo dove ogni crimine era concesso. Gli unici testimoni del nostro peccato erano un letto, due bicchieri di liquore e l'odore incessante di fumo disperso nella stanza.

    Seduzione. Desiderio. Appagamento.
    Chi conduceva il gioco?
    C'ero io, c'era lui, nessun noi.

    Entrambi sapevamo quanto potessero essere sbagliati quegli incontri, eppure non riuscivamo a farne a meno. La mia finta forza era la debolezza che mi spingeva a continuare, portando lui a credere che io fossi sua, ma in modo sbagliato. Il suo attaccamento era diventato morboso, ossessivo e, mentre cercava di sottomettermi al suo volere, io cercavo una via di fuga, da lui e da me stessa.

    In opposto al mio carattere cupo e tenebroso, c'era quello allegro e solare dell'unica persona che cercava di dare un po' di luce alla mia vita, quello di mia sorella maggiore. Nonostante fossimo cresciute separate, lei veniva a trovarmi spesso per potermi ricordare di dover continuare a lottare, ma per me non era affatto semplice. Lei aveva sempre avuto l'opportunità di vivere una vita abbastanza normale; frequentare una scuola, uscire con degli amici, essere libera di spostarsi da un luogo ad un altro… Io no, fin da piccola, la mia unica ragione di vita era quello di servire me stessa alla scienza per il beneficio dell'organizzazione, anche se questo significava farmi vivere una vita da dannata. Per questa ragione, mia sorella tentò di portarmi via da loro, con il risultato che loro mi portarono via lei, per sempre.

    Quella volta il dolore fu troppo forte, non potevo più continuare a rimanere in quel luogo, volevo fuggire via! Ma l'assassino di mia sorella, Gin, mi fermò. Il mio silenzio gli urlava un "Perché?" e lui leggendo il mio sguardo rispose freddamente: «Voleva portarti via da me».

    Era dunque colpa mia?

    Si avvicinò a me, portò le sue mani al mio collo in una stretta ferrea, fino a farmi mancare l'aria: «Se non scegli di restare con me, la morte sarà la tua unica alternativa e ricorda, tu sei esattamente come noi, non c'è redenzione per il tuo peccato».

    Questo era vero, avevo commesso crimini imperdonabili, ma allo stesso tempo ero consapevole che dovevo cambiare strada. Cosa potevo fare, arrendermi semplicemente alla morte? No, dovevo cercare l'unica cosa che non avevo mai avuto, la libertà, anche se questo significava vivere consapevole di essere una persona sbagliata. Accettando questa verità, nonostante fosse una punizione, avrei avuto la mia redenzione. Così presi la mia decisione, avrei preso quel veleno da me stessa creata, l'APTX4869, su cui i miei esperimenti avevano dato dei risultati che mi potessero far sperare in un futuro diverso.

    Se solo non esistesse il dolore che provo, la pena, la rabbia,
    e quel desiderio di amore, infinito.



    Quei tempi dove solo il nero regnava, sono passati.
    Ora sono una persona diversa, finalmente riesco a scorgere raggi di luce!

    Questo lo devo unicamente ad una persona, ma questa è un'altra storia...



    _Sherry99_ si è ritirata e Shiho_Miyano non ha consegnato la ff quindi entrambe sono state escluse e nessuna delle due riceverà gli AP.
    Faccio presente che è assolutamente vietato auto-votarsi e richiedere voti ad altri, se dovesse succedere si verrà immediatamente squalificati, posizionati in death list per una settimana e gli AP verranno azzerati!

    Edited by AngelaLM - 17/4/2014, 20:33
     
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    Voto il lavoro n. 4
    Trama semplice e adatta per una one shot, linguaggio scorrevole e intenso in alcuni punti. Mi è piaciuta abbastanza nelle parti comiche dove Conan e Ai dibattevano, ma ho preferito di gran lunga la parte malinconica.

    I miei complimenti anche all'autore del lavoro 6, scritta benissimo, ma la trama mi ha lasciato un po' titubante, per quanto possa amare la GinxSherry, non mi sarei mai aspettata un finale del genere.

    Mi è piaciuta anche l'idea dell'autore del lavoro 7, ha scelto due ottimi personaggi per una one shot, ma purtroppo non mi è piaciuto come sono stati caratterizzati.
    La migliore resta la mia :pff:
     
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    voto il lavoro 3 !

    ero troppo indeciso tra il 3 il 4 e l'8 ... quindi mi son fatto dare un numero da mia madre e ho fatto una conta XD
    complimenti a tutti :D
     
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  4. Chris Vineyard
     
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    Complimenti a tutti gli autori :) tuttavia il mio voto va al lavoro 4.
     
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  5. Glaceon41
     
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    Ok la mia indecisione era per lo più tra il terzo lavoro e il primo...
    Gli altri si sono dilungati per i miei gusti e il primo finiva abbastanza in aria come preferisco.
    Il mio voto va al primo lavoro :bravo:
     
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  6. Lucia;
     
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    Voto il lavoro n.3!
    Incantevoli i termini così ricercati che sono stati usati per ogni descrizione, bellissimi e profondi i pensieri di Shinichi sull'amore, sempre stupenda la figura di Shiho che appare sempre misteriosa ma a volte anche dolce, azzeccatissime le canzoni di sottofondo, inoltre le ho riconosciute quasi tutte. Stupenda, che dire di più.


    Se posso, vorrei anche dare un giudizio su tutte le altre shot.

    Lavoro 1.
    Mi è piaciuta, bellissimo il gesto di Shiho di sacrificarsi per salvare la vita a Shinichi. L'unica cosa che mi ha lasciata un po' perplessa è stata ''non'' reazione di Shinichi alla morte della sua amica. Cioè, mi aspettavo una maggiore reazione, ma forse mi sbaglio, può darsi che nel manga, se succedesse una cosa del genere, potrebbe avere la stessa reazione. Inoltre mi è piaciuto il paragone tra gli angeli e i diavoli.

    Lavoro 2.
    Carina l'idea di one shot con Kaito, tuttavia mi è sembrata sviluppata troppo in fretta.

    Lavoro 4.
    Concordo pienamente su quanto detto da Stella, nulla da aggiungere. Infatti ero indecisa tra votare questa o la 3 xD

    Lavoro 5.
    Chi è il genio che ha scritto questa shot? DEVO stringergli la mano!
    Fantastica! :asd:

    Lavoro 6.
    Concordo con Stella. Infatti quando ho letto, ho pensato ''ma wtf?'' :lol:
    Comunque è carina l'idea XD

    Lavoro 7.
    Scritta molto bene, anche i dialoghi sono bellissimi, le descrizione perfette e la scelta della coppia è azzeccata, in molti punti mi ha ricordato una persona a cui tengo tantissimo. Perciò complimenti!

    Lavoro 8.
    Bellissimi i pensieri di Shiho, scritto tutto molto bene!
    E la coppia è una delle mie preferite! XD
    Forse ho capito chi l'ha scritta... :shifty:

    Complimenti comunque a tutti i partecipanti! Sapessi scrivere io come voi ç.ç
     
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    Voto il lavoro numero 5 :D
     
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  8. lovedc95
     
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    Innanzi tutto complimenti a tutti, sono davvero tutte molto ben scritte e le storie sono tutte molto avvincenti ed interessanti...dopo una difficile selezione, sono arrivata ad essere indecisa su quattro...

    Alla fine ho deciso di votare il lavoro 4,prima però vorrei commentare le altre tre sulle quali ero molto indecisa:
    -lavoro 7: mi è piaciuto molto vedere un'uomo come Akai cimentarsi in situazioni romantiche, non ci è mai stato fatto vedere in questo contesto...complimenti a chi ha scritto questo lavoro, è riuscito perfettamente nell'intento di inserire Akai in un contesto che non gli appartiene...il finale poi, è stato dolcissimo ^_^ mi è piaciuta anche molto la parte malinconica e triste in cui Akemi si preoccupa per la sorella...

    -lavoro 8: è stato molto bello leggere quello che probabilmente può essere successo prima che tutta la storia che noi conosciamo cominciasse...complimenti, la descrizione dei sentimenti e degli stati d'animo mi ha colpita molto...

    -lavoro 5: questa era un pò diversa dalle altre...voglio solo dire che stavo morendo :xd: come Lucia ha detto, vorrei davvero complimentarmi con il genio che ha concepito questa bizzarra storia :xd:

    -lavoro 4: quello che ho deciso di votare, mi ha colpita moltissimo…mi ha fatto molta tenerezza vedere questa ragazza che ricorda malinconicamente sua sorella ormai scomparsa, e che senza rendersene conto, sta diventando molto simile a lei…sinceramente una volta finita di leggerla ho pensato che se fosse inviata a Gosho, questa storia potrebbe essere inserita senza problema all’interno del manga: ci starebbe benissimo, si adatterebbe senza problemi! Sembra davvero far parte del manga, perché descrive una situazione perfettamente coerente alla storia originale…ancora complimenti a chi l’ha scritta ^_^
     
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    stupende tutte quante, complimenti!!! anche se con difficoltà, ho deciso di dare il mio voto alla numero 3^^
     
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    voto il numero 6 come coinvolgimento e costrutto letterale.
    Erano tutte troppo deprimenti per i miei gusti, la migliore a livello di idee e fantasia per me era la 5 XD
     
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  11. Agos92
     
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    Complimenti a tutti :)
    Ho passato un'ora abbondante a leggere, piacevolmente, ogni lavoro.
    Ero indeciso fra la 4 e la 8, ma rileggendoli più volte ho deciso di votare la 8.
    Sul lavoro 5...Grazie, mi hai fatto ridere per 2-3 minuti interi e fatto iniziare al meglio la "giornata" :D
     
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    Il mio voto va al lavoro 8
    Mi ha colpita molto sia per lo stile di scrittura che per la capacità di trasmettere lo stato d'animo tormentato di Shiho.
    Nonostante io non sia certo una fan di Gin e sopratutto della coppia in questione ho apprezzato il modo in cui, leggendo, si riesce a vederlo quasi in una prospettiva diversa attraverso gli occhi di lei. Se poi si pensa al fatto che ci siamo sempre chiesti da dove nasce l'ossessione morbosa che lo stesso prova nei confronti della giovane allora questa storia potrebbe benissimo essere considerata un prequel delle vicende a noi ben note. In attesa che lo stesso Gosho ci illumini sull'intera faccenda, l'interpretazione del rapporto tra i due qui descritta mi è sembrata davvero molto realistica e perfetta per spiegare la scelta che la Miyano era pronta a compiere senza sapere a cosa invece tutto questo l'avrebbe portata.
    Bellissima anche una delle frasi finali che accenna all'incontro con Shinichi e di conseguenza alla sua nuova vita *-*
     
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    Davvero dei Lavori stupendi *-* Ero davvero indecisa....Ma voto il lavoro 1.

    Mi ha colpito molto,ogni cosa che leggevo anche le minime cose mi affascinavano...Ero come..Non so..Travolta!La storia,Il gesto di Shino...Tutto secondo me crea un'atmosfera piacevole ma allo stesso tempo dolorosa...Per quanto riguarda la fine,una fine veloce come un soffio ma davvero triste...Ed è questo che mi ha colpito,il finale un po'....Non so come spiegarlo...E' una bella Storia ed è per questo che il mio voto va al lavoro 1 Complimenti ma sopratutto...Complimenti a tutti Siete stati proprio bravi *-*
     
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  14. shishi4869
     
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    Io voto la numero 3.Ma avete fatto tutti degli ottimi lavori complimenti a tutti.
     
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